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"Vivo una non vita", lo sfogo della testimone giustizia

06 giugno 2017 | 18.49
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Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

"Avevo una vita davanti, una casa e un lavoro. Da ventisei anni conduco una non vita. Mi sono giocata la vita per una testimonianza e il boss che io e la mia famiglia denunciammo è tornato libero a casa e si è rifatto una vita. Io campo con la pensione di disabilità di mio fratello che da allora è diventato schizofrenico". R., testimone di giustizia che ha perso due familiari in un agguato 'ndrangheta, si appella al Procuratore Nazionale Antimafia: "Roberti mi riceva. Avevo 26 anni, oggi ne ho 52 e conduco una non vita. La mia e quella di mio fratello non è più una vita".

R., prima di diventare testimone di giustizia, come racconta, lavorava come interprete: "Avevo tante prospettive davanti. Per colpa della testimonianza ho perso tutto: casa, lavoro, amici. Tutto. I pentiti hanno benefici. Io non ho mai avuto una scorta. Non sono mai stata a caccia di benefici, nè di candidature. Volevo solo una vita dignitosa che mi è stata tolta. Credevo nello Stato. Chiedo un colloquio con Franco Roberti. Il mio caso non può essere archiviato. Chiedo che mi venga restituita la vita".

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