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Omicidio Yara, le tappe della vicenda

29 giugno 2017 | 17.04
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(Fotogramma)
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Un delitto crudele, un'inchiesta record senza eguali in Italia e nel mondo, un processo in cui la prova scientifica è protagonista assoluta. Dopo quasi quattro anni di indagine raccolte in 60 faldoni , la condanna all'ergastolo pronunciata dai giudici di Bergamo, Massimo Bossetti torna in aula: venerdì 30 giugno inizia il processo d'appello davanti alla Corte d'assise d'appello di Brescia per l'omicidio di Yara Gambirasio. Una nuova tappa di un caso di cronaca che continua a dividere.

26 novembre 2010. Sono le 18.40 circa quando la 13enne esce dalla palestra di Brembate di Sopra, piccolo comune in provincia di Bergamo, e di lei si perdono le tracce. La giovane ginnasta va nel centro sportivo di via Locatelli per consegnare uno stereo, poi il buio la inghiotte lungo i 700 metri che la separano da casa. Alle 18.49 il suo cellulare nero viene spento per sempre. Le ricerche non trascurano nessuna pista: dall'allontanamento volontario al rapimento.

5 dicembre 2010. Mohamed Fikri, operaio di un cantiere edile di Mapello dove conducono i cani molecolari usati per le ricerche, viene fermato su una nave diretta in Marocco perché sospettato. Pochi giorni dopo le accuse vacillano: alcune parole in arabo mal tradotte e un biglietto per Tangeri già in tasca da tempo fanno cadere l'ipotesi di una fuga. Il 7 dicembre esce dal carcere, non è lui l'assassino di Yara.

26 febbraio 2011 . Mamma Maura e papà Fulvio smettono di sperare: il corpo della loro bambina viene trovato da un appassionato di aeromodellismo in un campo abbandonato a Chignolo d'Isola, a pochi chilometri da casa. L'autopsia svela le ferite alla testa, le coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Nessun colpo mortale: Yara era agonizzante, incapace di chiedere aiuto, ma quando chi l'ha colpita le ha voltato le spalle lei era ancora viva. Il decesso, dopo una lunga agonia, avviene quando alle ferite si aggiunge il freddo.

9 maggio 2011. Viene isolata sugli slip e i leggings della vittima una traccia biologica da cui è stato possibile risalire al Dna di 'Ignoto 1'. E' una traccia trovata vicino a uno dei tagli messi a segno dall'aggressore. Ci vorranno diversi mesi e il confronto con centinaia di profili per arrivare a dire che il sospettato è il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999.

7 marzo 2013 . Viene riesumata la salma di Giuseppe Guerinoni, l'autista di Gorno, la probabilità che siano padre e figlio è del 99,99999987%, ma questo non basta per dare un nome a 'Ignoto 1'. Si riparte dal Dna mitocondriale (che indica la linea materna) di 'Ignoto 1' per dare un nome alla madre. La comparazione tra 'Ignoto 1' e il Dna di Ester Arzuffi (nelle mani degli investigatori dal 27 luglio 2012) porta al match: la probabilità che siano madre e figlio è del 99,999%.

16 giugno 2014. Il presunto assassino di Yara ha un nome: è Massimo Bossetti, 44 anni, residente a Mapello. Sarà il ministro dell'Interno Angelino Alfano ad annunciare via Twitter le manette. Spostato, padre di un bambino e due bimbe, il suo Dna (acquisito con un alcoltest) combacia con 'Ignoto 1'. Per lui l'accusa è di omicidio con l'aggravante di aver adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà. Un delitto aggravato anche dall'aver approfittato della minor difesa, data l'età della vittima.

3 luglio 2015. Inizia il processo contro Bossetti. A giudicare l'imputato, che rischia l'ergastolo, la Corte d'assise di Bergamo composta dal presidente Antonella Bertoja, dal giudice a latere e da sei togati popolari. In aula non sono ammesse telecamere, né cellulari o strumenti che permettano di riprendere imputato o testimoni. L'11 marzo 2016, l'imputato prende per la prima volta la parola in aula. "Quel Dna non mi appartiene: è un Dna strampalato, che per metà non corrisponde. È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda visto che non ho fatto niente", dice ribadendo la sua innocenza.

18 maggio 2016. Massimo Bossetti ha ucciso Yara con crudeltà ed efferatezza. L'imputato "ha voluto arrecare particolare dolore e ci è riuscito con un'agonia particolarmente lunga" contro la vittima cagionandole "sofferenze eccessive". E' quanto sostiene nella sua requisitoria il pubblico ministero Letizia Ruggeri. Condanna all'ergastolo con isolamento diurno per sei mesi la richiesta per l'uomo accusato dell'omicidio e di calunnia nei confronti di un suo ex collega su cui ha puntato il dito.

10 giugno 2016. La difesa chiede l'assoluzione per l'imputato del processo "più indiziario del mondo", dove "nessun indizio è preciso neanche il Dna". La custodia e la conservazione della traccia biologica "sono il tallone d'Achille" di un'indagine "con troppe anomalie" dove "più che l'accusa ho visto la difesa delle indagini". Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini chiedono un atto di "coraggio alla giuria: assolvete Bossetti. Sia fatta giustizia, non sia condannato un innocente".

1 luglio 2016. Dopo l'ultimo appello dell'imputato e oltre 10 ore di camera di consiglio, i giudici condannano Bossetti all'ergastolo, nessun isolamento diurno come chiesto dall'accusa. Tolta la potestà genitoriale, gli riconoscono l'aggravante della crudeltà. Viene assolto invece "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di calunnia nei confronti di un ex collega. Su di lui, detto 'Il favola', pesa l'inclinazione alle bugie, l'assenza di un alibi e quel Dna che è un macigno per l'accusa.

30 giugno 2017. Si apre a Brescia il processo appello davanti alla Corte presieduta da Enrico Fischetti, accanto avrà il giudice a latere Massimo Vacchiano e sei giurati popolari. Come nel primo grado, l'aula sarà vietata a telecamere e fotografi; impossibile accedere anche con tablet e cellulare. Meno di un centinaio i posti a sedere per i curiosi che potranno accedere a un tribunale 'blindato'. Bossetti, che continua a dirsi innocente, sarà presente in aula, assenti invece i genitori della vittima.

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