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Chi è Johnny lo Zingaro, il bandito che terrorizzò Roma negli anni '70 e '80

01 luglio 2017 | 12.30
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Johnny lo Zingaro (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Johnny lo Zingaro (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Omicidi a sangue freddo, rapine, sparatorie da far west, inseguimenti rocamboleschi, fughe dal carcere. E' la lunga serie di crimini commessi da Giuseppe Mastini, meglio conosciuto come Johnny lo Zingaro, il bandito che terrorizzò Roma tra gli anni '70 e '80, sparito nel nulla da ieri mattina.

L'ergastolano, che era in semilibertà, dopo aver lasciato il carcere di Fossano, non si è presentato al lavoro a Cairo Montenotte, in provincia di Savona. Da ieri sera è formalmente considerato evaso. Si tratta dell'ennesima fuga di Mastini, già scappato dal carcere diverse volte in passato. La prima dal carcere minorile di Casal del Marmo nel ‘76, poi dall’Aquila e ancora da Pianosa. Ora è caccia all'uomo.

Nato da una famiglia di giostrai sinti nel 1960, Johnny lo Zingaro, la cui storia ha ispirato anche un film e una canzone, inizia la sua lunga carriera criminale a Roma dove si trasferisce all'età di 10 anni. Il primo delitto di cui è accusato, appena 14enne, nel 1975 è quello del tranviere Vincenzo Bigi, freddato per pochi soldi e un orologio dopo aver dato al ragazzo un passaggio in macchina. Mastini viene arrestato e portato nel carcere minorile di Casal del Marmo ma dopo poco tempo riesce a fuggire. E' solo la prima delle sue evasioni. Lo riprendono ma scappa di nuovo.

Dopo una serie di evasioni e catture, nel 1987 esce in permesso premio e non rientra più. Pochi giorni dopo entra, secondo le accuse, nella villa dei coniugi Paolo e Veronique Buratti, a Sacrofano, uccide l'uomo a bruciapelo e ferisce gravemente la moglie. Poi, con la compagna Zaira Pochetti, Mastini, braccato dalla polizia, ruba un'auto e sequestra una ragazza di 20 anni, Silvia Leonardi, che si trova a bordo.

Da lì una serie di fughe, inseguimenti e scontri a fuoco, durante uno dei quali resta ucciso l'agente Michele Girardi, fino alla cattura il 24 marzo del 1987. L'arresto è il risultato di una serie di battute condotte senza tregua a Roma e in varie zone della provincia per le quali furono mobilitati 700 poliziotti in una caccia all'uomo che si protrasse per un giorno intero. Alla fine Mastini capì che non aveva più scampo e decise di arrendersi.

Il nome di Johnny lo Zingaro compare anche nelle carte del processo sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini. Mastini, che aveva conosciuto Pino Pelosi - unico condannato per la morte del poeta - nel carcere minorile di Casal del Marmo, è sospettato, secondo diverse piste investigative, di aver partecipato al delitto dello scrittore avvenuto all’Idroscalo di Ostia la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975.

A portare a lui, che ha sempre negato ogni accusa, è un plantare di scarpa numero 41 ritrovato nell’Alfa Romeo di Pasolini che non apparteneva né allo scrittore né a Pelosi e che invece Mastini usava abitualmente in seguito alle conseguenze di una sparatoria.

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