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La lettera

"Mio figlio come Charlie, l'ho lasciato andare"

01 luglio 2017 | 18.29
LETTURA: 3 minuti

Il post con la lettera di Elena pubblicato su Facebook da Selvaggia Lucarelli
Il post con la lettera di Elena pubblicato su Facebook da Selvaggia Lucarelli

Un dolore troppo grande per essere dimenticato, ancora fortissimo a distanza di 14 anni. Elena, mamma del piccolo Lorenzo, ha voluto raccontare la sua storia in una lunga lettera indirizzata a Selvaggia Lucarelli, poi pubblicata dalla blogger su Facebook. E lo ha fatto per rispondere a quanti stanno commentando nelle ultime ore la vicenda di Charlie Gard, il bimbo di appena 10 mesi malato terminale al centro delle cronache nei quotidiani di tutto il mondo. Una risposta che offre un punto di vista terribile a tutti quei genitori che non comprendono e che non comprenderanno mai cosa vuol dire decidere di fermarsi davanti alla sofferenza di un corpicino martoriato dalla malattia. Elena come Connie, la mamma di Charlie, che ha cercato ogni alternativa possibile a un male che non lasciava nessuna speranza. Fino alla fine, quando a soli 24 giorni Lorenzo è morto in terapia intensiva, dov'era "intubato e immobile" dalla nascita.

"Cara Selvaggia, mi piacerebbe sapere se solamente uno di quelli che ha commentato il tuo post sul piccolo Charlie si è ritrovato in quella situazione. Beh - racconta Elena alla blogger -, io si. Lorenzo è morto a soli 24 giorni in terapia intensiva neonatale. Per una malattia bastarda genetica. NON compatibile con la vita. Ti giuro che avrei dato qualsiasi parte del corpo pur di salvarlo. Il mio primo bambino tanto cercato e tanto amato. Ho discusso coi medici, ho litigato col primario: spesso in molti pensano di aver a che fare con degli stupidi. Ma esiste anche l'informazione, esiste internet, le biblioteche. E ci ho passato le notti a capire che malattia fosse. Avrebbero potuto tirare avanti, tracheotomizzato, infermo... poi sarebbe morto; forse 6 mesi, al massimo un anno", scrive.

Una consapevolezza terribile per Elena, che continua: "Avevo già preparato tutta la cameretta. Nessuno è potuto entrare per molti mesi. Non c'erano speranze, Lorenzo soffriva. Ricordo ancora che il primario di Firenze, specializzato in malattie genetiche, quando lo abbiamo chiamato ci disse: "per l'amor di Dio non fatelo nemmeno intubare, quel piccolino non avrà mai una vita". "Purtroppo" lo avevano già fatto. Non serviva guardare una maledetta cartella clinica per me, mamma. Che ho potuto tenerlo in braccio solo 20 minuti a Natale. Intubato, immobile, ma ancora vivo. Grazie a un infermiere che se ne è assunto la responsabilità. Non sarebbe servita nessuna cura sperimentale, lo sapevamo anche noi. E ti assicuro che avremmo spaccato il mondo. Ma ho detto no all'accanimento terapeutico. No perché non sarebbe servito, se non a prolungare la sua sofferenza. Ad un certo punto bisogna smettere di essere egoisti. È vero, non possiamo scegliere sempre noi. E forse è meglio cosi. Mi è crollato il mondo addosso".

"Avrebbe quasi 14 anni e ancora piango - racconta ancora -. A volte come una fontana. Ma chi non ci passa, non sa. Non può capire, per fortuna sua. Se non provare a fare un'analisi esterna come hai provato tu. Ma le altre risposte non ci stanno, proprio no. E nemmeno l'egoismo di noi genitori, davanti al dolore di perdere parte della tua vita. Lorenzo è morto dopo 24 giorni. Non è mai venuto a casa, non ha mai potuto correre, non ha potuto gattonare, non è riuscito a dire 'mamma'. I suoi occhi e il suo profumo restano vivi. Ma sono riuscita a lasciarlo andare. E credo sia la cosa più grande che una madre possa fare", conclude Elena.

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