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Viterbo, nella 'Città dei Papi' torna la Macchina di Santa Rosa

03 settembre 2017 | 16.37
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Immagine  d'archivio (Fotogramma)
Immagine d'archivio (Fotogramma)

Una torre alta circa trenta metri, cinque tonnellate di peso, illuminata dalla luce viva di fiaccole e lampadine elettriche, portata a spalla da oltre cento coraggiosi uomini, i facchini, lungo un difficile percorso di oltre un chilometro che prevede quest'anno sette soste. È la Macchina di S. Rosa, a Viterbo, che la sera del 3 settembre sfila per le strette vie del centro storico della Città dei Papi, rinnovando il tradizionale evento, unico al mondo, lo stesso ormai da più di 750 anni, al quale hanno assistito in passato anche Papa Wojtyla, il Principe Carlo d’Inghilterra, presidenti del Consiglio, ministri e sottosegretari, ma anche attori, giornalisti, conduttori e autori televisivi.

Si tratta della festa viterbese per antonomasia, dedicata alla patrona Santa Rosa, vissuta nel XIII secolo, la cui memoria è rievocata dai viterbesi attraverso una manifestazione unica al mondo, esaltante, quasi indescrivibile per la sua bellezza, spettacolarità ed emozione. Il trasporto della Macchina di Santa Rosa è inoltre patrimonio immateriale dell’Unesco.

Le origini della Macchina risalgono agli anni successivi al 1258, quando, per ricordare la traslazione del corpo di S. Rosa dalla Chiesa di S. Maria in Poggio al Santuario a lei dedicato, avvenuta il 4 settembre per volere del papa Alessandro IV, si volle ripetere quella processione trasportando un'immagine o una statua della Santa illuminata su un baldacchino, che assunse nei secoli dimensioni sempre più colossali. Il modello attuale (dal 2015) si chiama "Gloria" e viene cambiata ogni 5 anni su concorso dell’Amministrazione Comunale.

Il 3 settembre è una giornata particolare per i viterbesi, per i turisti attratti da questa tradizione, ma lo è soprattutto per i facchini, gli "eroi per un giorno" che dal 1978 sono riuniti in sodalizio e si fregiano del titolo di Cavalieri di S. Rosa. Dopo il pranzo i facchini, vestiti nella tradizionale divisa bianca con fascia rossa alla vita (il bianco simboleggia la purezza di spirito della patrona, il rosso i cardinali che nel 1258 traslarono il suo corpo), vanno in Comune per i saluti delle autorità, poi vanno in visita a sette chiese del centro, infine in ritiro al convento dei cappuccini, dove il capofacchino impartisce loro le ultime indicazioni sul trasporto.

Verso le 20, i Facchini preceduti da una banda musicale che intona il loro inno, partendo dal Santuario di Santa Rosa percorrono a ritroso il tragitto della Macchina, acclamati dalla folla, fino a raggiungere la Chiesa di S. Sisto, presso Porta Romana, accanto alla "mossa", il punto da dove parte il trasporto della Macchina di Santa Rosa e dove viene assemblata nei giorni precedenti. Qui viene impartita loro dal vescovo la benedizione in 'articulo mortis': quasi una estrema unzione, poiché ogni trasporto rappresenta un momento di grande pericolo per la loro vita.

I facchini si dividono in varie categorie: i "ciuffi", dal caratteristico nome del copricapo in cuoio che protegge la nuca agli uomini posizionati nelle nove file interne direttamente sotto la macchina, le "spallette" e le "stanghette" sono i facchini occupanti le file esterne, rispettivamente laterali e anteriori e posteriori e prendono posto sotto le travi alla base della Macchina e ai fatidici ordini del capofacchino "Sotto col ciuffo e fermi!", "Sollevate e fermi!" e quindi "Per Santa Rosa, avanti!" e così iniziano il difficile percorso.

Dopo sette soste, e non cinque come in passato, i facchini devono compiere il grande sforzo finale, percorrere una ripida via in salita che conduce al Santuario. Viene effettuata quasi a passo di corsa, con l'aiuto di corde anteriori in aggiunta e di travi dette "leve" che spingono posteriormente.

Quando la gigantesca torcia splendente viene posata sui cavalletti di sostegno, l'immane sforzo è terminato ed è il trionfo dell'intera città. I volti dei facchini cambiano da tesi e angosciati per la fatica a sorridenti e commossi per la felicità di essere riusciti nella fatica. La Macchina di Santa Rosa rimane esposta per alcuni giorni.

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