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Chi era Martina, la giovane sposa travolta dal fango a Livorno

12 settembre 2017 | 09.32
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Martina Bechini con il marito Filippo Meschini in un'immagine pubblicata su Facebook
Martina Bechini con il marito Filippo Meschini in un'immagine pubblicata su Facebook

Ondeggia nel vento il velo da sposa che porta annodato in testa. Sventola leggero, quasi a perdersi tra le nuvole dorate in un caldo pomeriggio di fine estate, creando un gioco simmetrico di luci e colori. Martina Bechini era raggiante il giorno delle nozze con il suo Filippo. Nell'immagine di copertina che aveva scelto per il suo profilo Facebook, sorride e cinge le braccia attorno a quelle del suo sposo. Quel giorno era primo di una vita da passare insieme. E invece momenti incantanti come quello di fine luglio non ci saranno più, inghiottiti per sempre dal fango dell'alluvione. La giovane sposa è la settima vittima del nubifragio di Livorno, strappata alla vita a soli 34 anni.

Martina è stata trovata ieri dai carabinieri lungo il Rio Ardenza. Riversa a terra, il corpo senza vita, l'hanno vista che giaceva nella zona Tre Ponti di Livorno. Era dispersa dalla notte tra sabato e domenica, quando una violenta onda d'acqua si è sollevata dal Rio Ardenza, travolgendo la sua abitazione in via Garzelli e trascinando il corpo per oltre due chilometri. Anche il marito, Filippo Meschini, è stato spazzato via dalla furia letale di acqua e fango. Lui però miracolosamente si è salvato, ed è stato trovato vivo dai soccorritori. Ora non riesce a darsi pace, è ancora scioccato.

Martina lavorava come responsabile acquisti presso un'azienda di prodotti medicali e da pochi mesi era diventata la signora Meschini, moglie di Filippo, 30 anni. "L'ho abbracciata, l'ho stretta in ogni modo. Ma, maledizione, scivolava, non c'era niente da fare - ha raccontato il giovane a 'Il Fatto quotidiano' - Ho provato con tutte le forze che avevo, le ho stretto la mano… ma è andata".

Il dolore è insopportabile, la tragedia ha spezzato in due un'intera famiglia. Impossibile trovare le parole giuste per esprimerlo. Ci vorrà del tempo per curare le ferite. Quel che resta in piedi, però, al netto di catastrofi naturali che si rincorrono, inadempienze tecniche, errori umani o burocratici che siano, è forte la sensazione che forse, anche stavolta, una tragedia simile poteva essere evitata.

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