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Salute, lavoro e scuola: il piano del Viminale per i rifugiati

27 settembre 2017 | 10.14
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"Misure concrete di tutela" per i titolari di protezione internazionale, ai quali vanno riconosciuti "diritti essenziali" con altrettanti "doveri e responsabilità": un modello che, partendo dai principi sanciti dalla Costituzione, si articola su due assi principali: innanzitutto "il dialogo interreligioso e interculturale", poi "la formazione linguistica e l'accesso al sistema di istruzione". Sono le linee guida del "Piano nazionale di integrazione dei titolari di protezione internazionale" presentato dal ministero dell'Interno.

Il piano è destinato a 74.853 persone: tanti sono infatti in Italia, in base ai dati aggiornati al 31 agosto, i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di protezione internazionale. I "canoni" ai quali il Piano si attiene sono dunque "i principi e i valori della Costituzione repubblicana, nucleo irriducibile e non negoziabile", in particolare l'articolo 3 che "nel riconoscere la pari dignità sociale e l’uguaglianza dinanzi alla legge di tutti coloro che risiedono in Italia, fa sì che l’integrazione comporti, accanto alla titolarità dei medesimi diritti, l’impegno al rispetto dei medesimi doveri e all’assunzione delle medesime responsabilità: non solo, dunque, l’impegno a rispettare le leggi italiane, ma anche quello ad apprendere la lingua e a partecipare alla vita economica, sociale e culturale del Paese".

Da qui un approccio che "prevede un'azione sistematica multilivello alla quale contribuiscono Regioni, Enti locali e Terzo settore, tutti chiamati a sviluppare un’azione coordinata che consenta, attraverso politiche orientate a valorizzare le specificità, il pieno inserimento degli stranieri nelle comunità di accoglienza". Perché questo avvenga la "strategia di integrazione" deve essere "sostenibile" e "questo è possibile solo se la presenza degli stranieri è equamente distribuita sul territorio nazionale".

Il percorso profilato dal Piano "concerne l’impegno di istituzioni e di soggetti privati in una pluralità di ambiti, a partire da due assi prioritari: da un lato il dialogo interreligioso e interculturale, dall’altro la formazione linguistica e l’accesso al sistema di istruzione". Il primo punto, "l'implementazione del dialogo interculturale e interreligioso prevede la realizzazione di occasioni di incontro, confronto e scambio reciproco nelle comunità, nonché tra le comunità e l’ambiente esterno, anche al fine di prevenire e contrastare il diffondersi di fenomeni di razzismo e, in particolare, di islamofobia".

Il secondo ambito di intervento del Piano è quello della formazione linguistica e dell'accesso all'istruzione. "La lingua è il primo imprescindibile strumento per uno scambio effettivo con le comunità di accoglienza: senza l’apprendimento della lingua non può esserci nessuna integrazione e nessuna partecipazione alla vita civile, lavorativa e sociale della comunità. Il sistema di istruzione, inoltre, nel suo essere universalistico e gratuito, rappresenta per i giovani rifugiati il percorso naturale per il pieno inserimento nella società italiana e per l’eventuale conseguimento della cittadinanza".

Accanto a questi due settori, "la strategia di integrazione definita dal Piano considera prioritario l'inserimento socio-lavorativo del titolare di protezione internazionale, nella misura in cui è il lavoro a rendere la persona parte attiva del sistema economico e sociale della comunità". Il piano si sofferma poi "sulla necessità di rendere effettivamente accessibile l'assistenza sanitaria a tutti i rifugiati, con particolare riferimento alle esigenze di accudimento delle categorie vulnerabili".

Il piano prevede infine l'istituzione di un "Tavolo Integrazione che seguirà l'implementazione e il monitoraggio dell'attuazione degli interventi proposti" con il supporto dei tavoli regionali e attuerà un monitoraggio degli interventi realizzati e dei risultati ottenuti. Dal punto di vista finanziario, il sostegno agli interventi previsti dal Piano proviene prevalentemente dai fondi europei. "La programmazione comunitaria dei fondi 2014-2020 prevede diversi strumenti finanziari che possono supportare il processo di integrazione, quali il Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami), il Fondo sociale europeo (Fse), il Fondo per lo sviluppo regionale (Fesr)".

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