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Il caso

"Putt...", commenti choc contro vittime untore Hiv

20 ottobre 2017 | 16.14
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(Fotogramma)
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"Delle grandi stupide oltre che zoccole". Avrebbe deliberatamente contagiato con il virus dell'Hiv decine di donne, inconsapevoli di essersi innamorate e di aver fatto sesso con un untore. Ma per alcuni non sarebbe il carnefice a doversi vergognare, bensì le vittime. Il caso di Valentino Talluto - 32enne sieropositivo in carcere e sotto processo per 'epidemia dolosa e lesioni gravissime', reati per i quali è stato chiesto l'ergastolo dal pm - torna alla ribalta dei social e porta con sé un carico di commenti inquietanti.

Tra richieste di pena di morte, sevizie e torture, sotto agli articoli che raccontano il processo al presunto untore si svolge infatti l'ormai tristemente consueto processo del web. Stavolta con una particolarità scioccante: fra la maggioranza di commenti che inveiscono contro Talluto, si fa spazio anche una sostanziosa schiera di chi crede che le vittime siano altrettanto colpevoli. Il reato? Essersi 'concesse' senza protezioni all'uomo che credevano essere un compagno sincero, premuroso e fedele. Errore loro, quindi, e nessuna attenuante nemmeno per le "molte ragazze" - come ha spiegato ancora il pm - "al loro primo rapporto sessuale" al momento del contagio, e per questo forse ancor più vulnerabili.

Colpa di tutte loro insomma, che "se la sono cercata", per essersi fidate, per essersi innamorate "di un cesso, un roito, uno troppo brutto". Sicuramente delle "derelitte" - perché lui "non è manco Ryan Gosling" -, senz'altro "delle disperate" che avrebbero fatto sesso se non "per fame" allora per "lavoro". "Troie", "zoccole", "certamente tutte cesse" anche loro, insomma. E che per alcuni dovrebbero addirittura pagare con la stessa pena chiesta per l'imputato, magari dopo essere state rinchiuse per "infermità mentale". "Io non me la prendo con lui ma con quelle che hanno avuto lo stomaco di ferro ad andare con questo qui ma che cazzo di gusti avete giusto delle disperate", sottolinea Daniele fra i tanti.

Il problema, insomma, restano sempre le donne: in pochi provano a contrastare chi colpevolizza le vittime, e ancora meno utenti si chiedono se il fatto che qualcuno non debba infettarti volontariamente non sia il punto principale dal quale partire. Sono loro le colpevoli, nella migliore delle ipotesi "sprovvedute", nella peggiore "zoccole" e "chi è causa del suo mal pianga se stesso". E come sempre, la Corte di Facebook ha emesso il suo ennesimo verdetto.

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