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Bullismo, una vittima su due pensa al suicidio

12 dicembre 2017 | 15.44
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Roma, Napoli, Cefalù: ragazzi che si tolgono la vita o tentano di farlo a scuola. "Da ottobre ad oggi già tre casi che fanno riflettere, perché quando si arriva a un gesto dimostrativo in classe, è implicito il messaggio alla scuola stessa che in primo luogo dovrebbe tutelare i ragazzi. E' il forte dolore che si prova, non essendo stati ascoltati, quel che si vuole mostrare con un atto così estremo". A affermarlo all'Adnkronos è la psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell'Osservatorio Nazionale Adolescenza, parlando dell'ultimo caso di un ragazzino che ha minacciato di darsi fuoco davanti ai compagni a Cefalù (Palermo). Secondo gli investigatori il dodicenne sarebbe vittima di bullismo.

"Di bullismo parliamo quando i casi diventano cronaca, ancora oggi si tende a sottovalutare un fenomeno che necessita di prevenzione seria dal momento che si registrano casi già alle materne", sottolinea Manca ricordando alcuni "allarmanti" dati di uno studio dell'Osservatorio Nazionale Adolescenza secondo cui 3 ragazzi su 10 sono vittime di bullismo . Il 46% ha pensato almeno una volta al suicidio e il 32% di conseguenza ha messo in atto condotte autolesive. Il 75% dopo le prevaricazioni dei coetanei sviluppa forme di depressione.

"Il gesto estremo è solo un fortissimo grido d'aiuto al culmine magari di anni di aggressioni e offese subite", dice la psicoterapeuta evidenziando che i comportamenti dei bulli "ancora oggi vengono scambiati per bambinate, bravate". Quel che è necessario dunque "è cambiare l'approccio" nel modo di comunicare ai ragazzi, nel modo di affrontare la questione "fornendo strumenti là dove non ci sono". D'altronde, "come fanno i ragazzi - domanda - a denunciare il bullismo se loro stessi non lo sanno riconoscere?".

Non bastano le leggi che ci sono, "perché quando si arriva a sanzionare un comportamento grave vuol dire che c'è stato un fallimento precedente", incalza Manca a giudizio della quale "si deve intervenire in maniera più specifica e più efficace": da punto di vista preventivo "si fanno incontri teorici ma poco pratici rischiando di non arrivare mai al fulcro della questione".

"Se certi modi di relazionarsi con i coetanei non vengono corretti da piccoli, quegli stessi comportamenti rischiano diventare normalità in adolescenza", osserva l'esperta ribadendo che la prevenzione deve partire dall'infanzia.

"Il corpo docente deve esse obbligatoriamente formato; deve anche essere valutata la qualità dei formatori; bisogna studiare i singoli casi e lavorare fin dalle scuole materne", questa la ricetta della presidente dell'Osservatorio Adolescenza per evitare che "la maggior parte degli episodi di bullismo, come succede oggi, non vengano riconosciuti né dai genitori, né dal corpo docente, né dai ragazzi stessi".

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