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Palermo

Blitz antimafia, fermato figlio autista di Riina

21 gennaio 2018 | 12.51
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(FOTOGRAMMA)
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Operazione antimafia a Palermo. I carabinieri del Nucleo Investigativo hanno eseguito un decreto di fermo, emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia palermitana, nei confronti di 5 indagati ritenuti a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, incendio, tutti commessi con l’aggravante del metodo e finalità mafiosi.

Tra questi Giuseppe Biondino, 40enne figlio di Salvatore Biondino, già autista di Totò Riina e condannato all'ergastolo. Secondo gli inquirenti, Giuseppe Biondino è il nuovo 'reggente' della famiglia mafiosa di San Lorenzo.

INDAGINI - L’attività d’indagine rappresenta la prosecuzione dell'operazione 'Talea' (dicembre 2017) condotta nei confronti degli affiliati ai mandamenti mafiosi di San Lorenzo (composto dall’omonima famiglia di San Lorenzo, Tommaso Natale, Partanna Mondello, Terrasini, Cinisi e Carini) e Resuttana (articolata sull’omonima famiglia di Resuttana e da quelle di Arenella e Acquasanta).

ESTORSIONI - Le indagini hanno portato all'arresto di Salvatore Ariolo e del tunisino Ahmed Glaoui, quali appartenenti rispettivamente alle famiglie mafiose di San Lorenzo e Partanna Mondello. Gli inquirenti hanno ricostruito un’estorsione consumata e due tentate nei confronti di imprenditori e commercianti della zona di riferimento, nelle quali è anche coinvolto Bartolomeo Mancuso.

INCENDIO - Veniva poi individuato Francesco Lo Iacono, classe ’80, quale mandante di un grave incendio commesso la notte del 14 agosto 2015 nei confronti di un’attività commerciale di Partinico, per il quale erano già stati arrestati gli esecutori materiali nell’ambito della citata operazione 'Talea' eseguita il 5 dicembre 2017.

Francesco Lo Iacono è nipote di Maurizio Lo Iacono, esponente di vertice del mandamento di Partinico, il cui omicidio, avvenuto il 4 ottobre 2005 a Partinico, era collegabile ai contrasti esistenti tra i Lo Iacono e i Vitale, a causa della vicinanza dei primi al boss, all’epoca latitante, Bernardo Provenzano.

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