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Caso Cucchi, le tappe dell'inchiesta

11 ottobre 2018 | 16.15
LETTURA: 3 minuti

Stefano Cucchi (a destra) con il padre Giovanni (Fotogramma/Ipa) - FOTOGRAMMA
Stefano Cucchi (a destra) con il padre Giovanni (Fotogramma/Ipa) - FOTOGRAMMA

La storia di Stefano Cucchi è uno dei casi più controversi di cronaca giudiziaria, che ha coinvolto alcuni agenti di polizia penitenziaria, alcuni medici del carcere di Regina Coeli e alcuni carabinieri. Stefano, geometra romano aveva 31 anni quando morì all'ospedale Pertini di Roma. Era il 22 ottobre 2009.

IL CASO - La vicenda ha inizio nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 quando Stefano viene fermato all'ingresso del Parco degli Acquedotti perché trovato in possesso di circa 30 grammi di sostanza stupefacente. Il giorno dopo viene portato davanti al giudice monocratico per la convalida dell'arresto. Alle 13.30 dopo la convalida Cucchi viene affidato alla polizia penitenziaria e qualche tempo dopo il medico del tribunale si accorge che il ragazzo ha alcune ecchimosi sulle palpebre e altre contusioni.

LE IMMAGINI CHOC - Alle 15.45 Stefano arriva a Regina Coeli ma poche ore più tardi viene trasportato al Fatebenefratelli dove vengono riscontrate ulteriori lesioni. Alle 23, Stefano viene riportato in carcere ma il giorno successivo, cioè il 17 ottobre, viene trasportato al Pertini nel reparto protetto. La mattina del 22 ottobre Stefano Cucchi muore.

L'INCHIESTA - Da lì ha inizio il procedimento penale. La famiglia di Cucchi diffonde alcune immagini choc del cadavere del giovane scattate in obitorio. Stefano appare eccessivamente magro: al momento del decesso pesa solo 43 chili. Inizialmente vengono rinviati a giudizio sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. La prima inchiesta e il primo processo si concludono in Cassazione nel 2017 con l'assoluzione dei medici annullata dalla Corte Suprema. Per i sanitari del Pertini è ancora in corso di svolgimento il terzo processo d'appello, mentre gli agenti sono stati assolti in Cassazione.

L'INCHIESTA BIS - Alla fine del 2015 ha inizio una seconda inchiesta, quella per la quale sono attualmente a giudizio 5 carabinieri. Tre (Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco) sono accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia risponde il militare Vincenzo Nicolardi. Il 10 luglio 2017 i gup accolgono la richiesta della Procura e rinviano a giudizio i militari.

LA SVOLTA - Oggi, la svolta. Uno dei carabinieri imputati, Francesco Tedesco, ha confessato quanto successo durante e dopo le fasi dell’arresto di Cucchi, indicando come autori del pestaggio i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, dicendo inoltre che il maresciallo Roberto Mandolini e il carabiniere Vincenzo Nicolardi erano a conoscenza di quanto avvenuto. Secondo quanto raccontato da Tedesco nel corso di un interrogatorio reso nel luglio scorso, il pestaggio di Cucchi "fu un'azione combinata".

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