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Chi era Yara

13 ottobre 2018 | 10.02
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Yara Gambirasio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Yara Gambirasio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Il suo sorriso è impresso in ogni foto. I capelli mossi, gli occhi grandi. Yara Gambirasio aveva tredici anni e amava la ginnastica ritmica. Di lei si sono perse le tracce la sera del 26 novembre 2010 e il corpo è stato poi trovato tre mesi dopo in un campo abbandonato a Chignolo d'Isola, a pochi chilometri da Brembate di Sopra (Bergamo), dove la ragazza viveva. Dopo 8 anni, ieri si è scritta la parola fine a uno dei casi più controversi della cronaca giudiziaria italiana, con la Cassazione che ha confermato l'ergastolo per Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello condannato in primo e secondo grado per l'omicidio della 13enne.

Yara era una bambina "serena e trasparente", aveva spiegato la mamma di Yara ai giudici, raccontando le sue giornate tipo. Impegnata tra casa, scuola e palestra. Aveva una sorella maggiore, Keba, e frequentava solo compagne di classe e di ginnastica. Yara non aveva mai subito episodi di bullismo o parlato di corteggiamenti da parte di uomini adulti. Anche l'allenatrice della palestra che Yara frequentava aveva descritto la giovane come una persona "tranquillissima".

Quel maledetto 26 novembre 2010 esce dalla palestra di Brembate di Sopra, il centro sportivo che frequenta in via Locatelli. Indossa dei leggings. Deve consegnare uno stereo e poi rientrare a casa. Ma non torna. Il suo cellulare nero viene spento. Nessuno sa dove si trovi. I genitori danno l'allarme e scattano subito le ricerche. Nessuna pista viene tralasciata ma dopo tre mesi di ricerche, il corpo della ragazzina viene trovato da un appassionato di aeromodellismo in un campo abbandonato a Chignolo d'Isola, a pochi chilometri da casa. Sul cadavere vengono trovate ferite alla testa, coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Yara viene lasciata agonizzante, incapace di chiedere aiuto. L'autopsia dirà che chi l'ha colpita se ne è andato mentre era ancora viva.

Sugli slip e i leggings indossati da Yara viene isolata una traccia biologica da cui si risale al Dna di 'Ignoto 1'. Si confrontano centinaia di profili: il sospettato è il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, autista di Gorno. La sua salma viene riesumata, la probabilità che siano padre e figlio è del 99,99999987%, ma non basta per dargli un nome. Si riparte dal Dna mitocondriale (indica la linea materna) e la comparazione tra 'Ignoto 1' e Ester Arzuffi (traccia nelle mani degli investigatori dal 27 luglio 2012) porta al match: la probabilità che siano madre e figlio è del 99,999%.

Il presunto assassino di Yara ha un nome: è Massimo Bossetti, carpentiere, residente a Mapello, che combacia con 'Ignoto 1'. L'uomo finisce in carcere. Per l'accusa è la "pistola fumante", per la difesa solo "mezzo Dna contaminato". I giudici di due diversi gradi la ritengono una "prova granitica", ma per i legali quella traccia "ha talmente tante criticità che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori". Ieri, dopo otto anni, l'atto finale. La Cassazione conferma l'ergastolo per Bossetti.

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