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Femminicidi

Il dramma degli 'orfani fantasma'

13 gennaio 2019 | 17.01
LETTURA: 6 minuti

Immagine d'archivio (Fotogramma)
Immagine d'archivio (Fotogramma)

di Stefania Quaglio

Sono 3100 le donne uccise dal 2000 a oggi, più di 3 a settimana. Un femminicidio ogni due giorni. Nei primi dieci mesi del 2018, secondo quanto emerge dall'aggiornamento statistico sul fenomeno curato da Eures - Ricerche economiche e sociali, nel 2018 in Italia le vittime di femminicidio sono state 106, una ogni 72 ore: il 7% in meno dello stesso periodo dell'anno precedente, quando erano state 114. Una violenza preoccupante che si lascia alle spalle un gran numero di vittime, non sempre riconosciute. È il caso dei figli, eredi di un padre assassino e una madre assassinata. Orfani due volte. Giovani che al dolore della perdita spesso devono aggiungere il trauma della violenza subita in casa, non di rado dopo aver assistito al crimine. Giovani di cui spesso, dopo la ribalta delle cronache, si perde ogni traccia e che non vengono registrati in nessuna statistica. "Orfani fantasma" che avrebbero invece bisogno di risposte specifiche, così come i familiari che se ne prendono cura.

A loro cerca di dare risposte l'Associazione 'Il Giardino segreto' nata nel 2015 su iniziativa di Patrizia Schiarizza, avvocato da sempre in prima linea nella tutela delle donne e dei minori che ha deciso di puntare i riflettori sugli "orfani di femminicidio". "Questo aspetto dei numeri - denuncia all'Adnkronos Patrizia Schiarizza - è fondamentale sia per attivare politiche di prevenzione ma anche e, soprattutto, di aiuto concreto. Se un fenomeno non ha un nome e non ha numeri - evidenzia - non esiste. Non sappiamo con esattezza quanti sono i figli che restano dopo il femminicidio della madre. Non vi sono dati ufficiali ai quali attingere, in quanto lo Stato non conta le vittime del femminicidio, meno che mai quelle collaterali. Ciò è dovuto anche al fatto che non esiste tecnicamente il reato di femminicidio, nonostante l'uso ed abuso del termine".

Per quanto riguarda in concreto i bisogni di questi bambini e delle loro famiglie, secondo l'esperienza di Schiarizza "vi sono due necessità fondamentali. La prima riguarda il supporto psicologico per i familiari e per i bambini. I familiari che si prendono cura di questi bambini non hanno avuto nemmeno il tempo di elaborare il lutto della perdita di una figlia, di una cugina, di una sorella e si trovano catapultati nella gestione della quotidianità di bambini che presentano ovvie criticità. I bambini a loro volta devono fare i conti con il trauma della perdita della mamma. A volte hanno assistito direttamente alla sua morte, altre volte ancora sono stati vittime per anni di violenza assistita. E in alcuni casi ancora sono stati vittime loro stessi di violenza da parte del padre".

La presidente del 'Giardino segreto' cita quindi l'esempio di "due bambini che hanno assistito direttamente alla morte della madre, uccisa dal padre davanti ai loro occhi: dalla tenerissima età venivano costretti a violenze di ogni genere da parte del padre. Uno di questi bambini, che oggi ha poco più di 10 anni - racconta - chiede continuamente al nonno di poter visitare dall'esterno il carcere per sentirsi rassicurato del fatto che il padre non ne uscirà e che non ucciderà né lui né la sorella".

"Molti di questi orfani la sera fanno fatica ad addormentarsi perché hanno paura del buio e le loro paure si ripropongono nel momento esatto del giorno in cui si è verificata la morte della madre. Molti altri bambini hanno disturbi di carattere psichiatrico. L'esperienza - sottolinea ancora l'avvocato - in tutte queste situazioni ci ha insegnato che vi è un problema importante di incompetenza. Anche quando gli operatori sanitari e medici si presentano muniti di buona volontà, spesso non hanno la preparazione e gli strumenti per fare i conti con realtà così gravi e così importanti. La legge 4/2018 prevede che lo Stato e le regioni si attivino per fornire servizi di assistenza sanitaria e psicologica".

Secondo Schiarizza "è quindi urgente che le istituzioni diano seguito al precetto normativo puntando sulla formazione di tutti gli operatori che si troveranno a gestire questi bambini e dei loro familiari, garantendo la continuità dei rapporti tra bambini e familiari e chi vorrà/potrà aiutarli. Sotto questo profilo credo poi che sia fondamentale che vengano realizzati dei protocolli per comunicare ai bambini quello che è accaduto e per gestirne le conseguenze. Conosco di casi di bambini, soprattutto molto piccoli, ai quali non è stata detta la verità. Con i familiari e con i nostri psicologi ci chiediamo spesso quale sia la soluzione migliore da adottare: se dirlo, se non dirlo, quando dirlo, soprattutto in quali termini. Ogni storia e ogni bambino è a se, ma è importante che vi siano delle linee guida all'interno delle quali muoversi. Oggi non esistono".

L'altra necessità evidenziata da Schiarizza riguarda l'aspetto economico con la quale fanno i conti i familiari. "Personalmente - sottolinea - non condivido l'espressione che viene riservata a questi bambini di orfani speciali. Questi bambini sono uguali a tutti quanti gli altri. Hanno diritto ad un'infanzia felice, serena ed hanno bisogno di avere le stesse possibilità che hanno i loro coetanei. Vanno certo aiutati, ma devono avere le stesse possibilità di tutti gli altri bambini".

"Molti di questi bambini e ragazzi - evidenzia - vengono cresciuti dai nonni, spesso persone molto anziane che vivono di pensioni contenute e che attingono a tutti i risparmi di una vita per gestire le spese mediche. Spesso non basta soltanto lo psicologo per i bambini, ma è necessario anche uno psicologo che dia supporto ai familiari, perché acquisiscano strumenti per gestire al meglio le necessità dei piccoli e soprattutto le loro. La nostra prossima futura battaglia - annuncia Schiarizza - sarà per implementare i fondi destinati a questi orfani. Come associazione riusciamo a volte a fare dei piccoli bonifici per sostenere economicamente le famiglie ma tutto è rimesso al buon cuore delle persone che decidono di effettuare delle donazioni; ovvio che tutto ciò non può bastare".

Riflessione a parte per quanto riguarda le questioni legali. "Il processo penale può avere una funzione terapeutica ma il più delle volte si risolve in un'ulteriore delusione e trauma per i familiari. Questo a causa della esiguità delle pene che vengono riconosciute agli omicidi, ma soprattutto per l'esistenza del rito abbreviato che consente di avere sconti di pena importanti. A ciò si aggiunge l'aggravio delle spese legali di cui i familiari molte volte si sono dovuti fare carico. Non sempre gli avvocati decidono di assistere gratuitamente. Per arrivare ad ottenere dei risultati a volte non basta nemmeno un unico processo, perché a volte - prosegue - bisogna intraprendere anche iniziative di carattere civile per tutelare i bambini".

"La legge 4/2018 - conclude Schiarizza - ha previsto istituti giuridici importanti ma la strada è lunga e ardua se solo si pensa che a fronte del diritto oggi riconosciuto ad avere il risarcimento dei danni quasi sempre chi sta in carcere è nullatenente, sicché sarà necessario intervenire per dare realizzazione concreta agli interessi dei bambini".

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