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"Controllate quella pistola", la sorella di Pecorelli in Procura

17 gennaio 2019 | 13.40
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Svolgere accertamenti balistici sulle armi che vennero sequestrate a Monza nel 1995 a un uomo legato in passato ad Avanguardia Nazionale. Con questo obiettivo oggi Rosita Pecorelli, sorella di Mino Pecorelli, ha presentato un’istanza alla procura di Roma per chiedere la riapertura delle indagini sull'omicidio del giornalista, ucciso nella Capitale il 20 marzo del 1979. 

La donna, 84 anni, giunta a piazzale Clodio accompagnata dall'avvocato Valter Biscotti, chiede alla magistratura capitolina di riaprire il caso e indagare su quelle armi, tra cui una Beretta 765 con 4 silenziatori artigianali, sulle quali nessuno ha mai fatto un confronto con i quattro proiettili con cui venne ucciso Pecorelli in via Orazio, nel quartiere Prati e che ancora potrebbero essere nell'ufficio dei corpi di reato del tribunale di Monza.

Nell’istanza in particolare si fa riferimento anche a quanto dichiarò Vincenzo Vinciguerra (ex estremista di estrema destra) nel 1992 all'allora giudice istruttore Guido Salvini: Vinciguerra  sosteneva di aver sentito in carcere un dialogo in cui due ‘avanguardisti’ affermavano che un detenuto, arrestato 3 anni dopo a Monza, aveva la pistola usata per uccidere Mino Pecorelli.

"Ho combattuto 40 anni per sapere la verità sull'omicidio di mio fratello, adesso sembra esserci un appiglio e non mi arrenderò mai per arrivare alla verità. Mi aspetto di avere giustizia", ha detto Rosita Pecorelli. "Mio fratello era tutto per me - ha aggiunto - oggi ci sono elementi per cui pensiamo ci sia qualcosa di nuovo che possa aiutare a raggiungere la verità".

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