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Maria Falcone: "Ai boss non resta che pentirsi"

23 gennaio 2019 | 18.18
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(Fotogramma)
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"La mafia ha capito che lo Stato è più forte. La lezione del maxi processo, che sfatò il mito dell'impunibilità di Cosa nostra, oggi è stata compresa anche dai mafiosi. I boss l'hanno capito sulla loro pelle grazie al grande lavoro fatto da magistrati e forze dell'ordine". A dirlo all'Adnkronos è Maria Falcone, sorella del giudice antimafia Giovanni e presidente della Fondazione intitolata al magistrato ucciso dal tritolo di Cosa nostra nella strage di Capaci. All'indomani del blitz di carabinieri e polizia che ha portato al fermo di sette persone, tra cui Leandro Greco, nipote di Michele, il 'Papa' di Cosa nostra, e Calogero Lo Piccolo figlio di Salvatore, capomafia di San Lorenzo, Maria Falcone da anni impegnata a coltivare la memoria del fratello soprattutto tra i più giovani, si dice "confortata" dalle parole del procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi.

Ieri, incontrando i giornalisti, a proposito dei due nuovi pentiti di mafia, Filippo Bisconti e Francesco Colletti, il capo della Procura palermitana ha spiegato: "Collaborano perché il progetto di ricostituzione della Commissione è fallito e loro devono constatare l'assenza di una prospettiva nel futuro. Questa assenza di futuro dovrebbe essere compreso anche da tutti gli altri che ancora fanno parte di Cosa nostra". "I boss, pur riconoscendo la forza dello Stato nell'azione di contrasto e nonostante i colpi inferti dalle forze dell'ordine - aggiunge Maria Falcone - tentano di riorganizzarsi. Ecco perché non si può abbassare la guardia. Nell'azione di contrasto sono stati compiuti passi importanti ma occorre proseguire con la stessa determinazione".

I collaboratori di giustizia restano per la sorella del giudice antimafia "uno dei capisaldi fondanti" nella lotta alla mafia. "Oggi - spiega - c'è una maggiore tendenza al pentimento perché i mafiosi sanno che è l'unica scorciatoia per evitare condanne pesanti. I pentiti, però, restano fondamentali per conoscere dall'interno le dinamiche di Cosa nostra, i segreti dell'organizzazione. E proprio la loro assenza tra gli 'ndranghetisti, legati tra loro da forti legami di sangue, rende più complessa la lotta a questo tipo di mafia". E', allora, indispensabile che a "questo strumento fondamentale di contrasto (i collaboratori di giustizia, ndr)" si affianchino " attenti riscontri. Ce lo ha insegnato Buscetta".

A colpire è l'età dei nuovi capi di Cosa nostra. Leandro Greco, 28 anni, raggiunto ieri dal provvedimento di fermo era stato nominato capomandamento di Ciaculli ad appena 23 anni. Nuove leve con "la mentalità di un vecchio" hanno spiegato ieri gli investigatori. "E' cresciuto nel mito del vecchio nonno - conclude Maria Falcone -, per lui è rimasto un punto fermo, un modello da emulare. Ma lo Stato ieri ha dimostrato di essere più forte".

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