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Strage Bologna, sarà svelato giallo 86esima vittima?

06 febbraio 2019 | 19.13
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Commemorazione strage di Bologna (Fotogramma)
Commemorazione strage di Bologna (Fotogramma)

Potrebbe forse essere svelato il giallo della 86esima vittima della strage di Bologna. Il presidente della Corte d'Assise Michele Leoni, infatti, nell'ambito del processo per concorso nell'eccidio del 2 agosto 1980 a carico dell'ex Nar Gilberto Cavallini, ha disposto la riesumazione dei resti di Maria Fresu, che morì nell'attentato alla stazione di Bologna, assieme alla figlia Angela, ma il cui corpo, secondo una tesi sostenuta dal giudice Rosario Priore, potrebbe non essere stato mai trovato.

In particolare, a sollevare il mistero del cadavere di Maria è l'ultimo capitolo del libro 'I segreti di Bologna' del giudice Rosario Priore e dell'avvocato Valerio Cutonilli (Chiarelettere, 2016), che, anticipato dal 'Tempo', prima dell'uscita in libreria, creò grande scalpore. 24 anni, origini sarde, trapiantata in Toscana per lavoro, la mattina del 2 agosto Maria è in stazione con la figlia Angela di 3 anni in attesa del treno che avrebbe dovuto portarle in vacanza. Madre e figlia sono nella sala d'aspetto di seconda classe insieme a due amiche, Verdiana Bivona e Silvana Ancillotti. La terribile detonazione di una ventina di chili di un esplosivo 'civile' causa la morte immediata della bimba e di Verdiana. Silvana è gravemente ferita, ma si salverà.

"Di Maria, invece – scrivono gli autori – non si hanno più tracce. La donna non compare nell'elenco dei feriti, né in quello delle persone decedute". I periti escludono che possa essersi "disintegrata" e per alcuni giorni viene data per dispersa. L'unica persona che può dire qualcosa è Silvana Ancillotti, l'unica sopravvissuta. Nel verbale d'interrogatorio del 6 agosto la donna spiega che Maria, sua figlia Angela e Verdiana erano tutte e tre vicinissime a lei.

Secondo Priore e Cutonilli la perizia medico-legale del professor Giuseppe Pappalardo dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che Maria Fresu, la figlia e le due amiche si trovavano dalla parte opposta della sala d’aspetto a quella dove era stata posizionata la bomba. Gli autori aggiungono che "i consulenti hanno accertato che non tutte le vittime sono decedute per gli effetti diretti della detonazione" e dunque si domandano: "Se i cadaveri delle vittime collocate nell’area mortale sono rimasti sostanzialmente integri, com’è possibile che a disintegrarsi sia stata invece una donna posizionata in una zona ancora più lontana dal luogo dell’esplosione?". Insomma, secondo Priore e Cutonilli, la teoria della disintegrazione di un cadavere distante oltre cinque metri dal luogo dell’esplosione non sta in piedi.

La soluzione (apparente) del giallo di Maria Fresu arriva quando il Prof. Pappalardo viene incaricato di verificare se il piccolo lembo facciale attribuito inizialmente a una delle due vittime di sesso femminile, rimaste sfigurate e conservato in una cella frigorifera, nell'obitorio dell'istituto di Medicina Legale dell'Università di Bologna sia appartenuta alla donna scomparsa. La perizia è complessa. Nel 1980 il test di oggi del Dna è praticamente impossibile. Si conosce però il gruppo sanguigno della donna scomparsa ('0', zero), rinvenuto nella cartella clinica del parto della figlia, e il risultato è sorprendente: dall'esame del profilo immuno-ematologico il lembo facciale repertato risulta appartenere a un altro gruppo sanguigno: è di tipo 'A'. Ma nessuno dei cadaveri delle donne sfigurate aveva un gruppo 'A'. E le altre donne morte hanno il volto integro. Apparteneva una ottantaseiesima vittima mai identificata?

Il Professore esclude tale ipotesi affermando che quel dato incompatibile in realtà era compatibilissimo con la Fresu. Lo spiega con il fenomeno della 'secrezione paradossa' che non di rado causa errori nelle determinazioni del gruppo sanguigno. Può accadere, insomma, "che un individuo mostri nei suoi liquidi sostanze gruppo specifiche diverse da quelle che ha nel sangue". Per questo, a giudizio del medico-legale di allora, quel lembo è della Fresu.

"Nei processi bolognesi è stata esclusa la possibilità che persino i pochi filamenti di un circuito elettrico siano andati persi. Impossibile, quindi, che a sparire per errore sia stato un cranio o un cadavere rimasto in parte integro. La restante spiegazione è che il 2 agosto 1980 qualcuno si sia precipitato a Bologna per inquinare la scena del crimine", scrivono Priore e Cutonilli.

Un fatto gravissimo, "dovuto a ragioni che non devono essere banali. Maria Fresu è con assoluta certezza una vittima innocente della strage di Bologna e merita giustizia. La sparizione del cadavere, se realmente avvenuta, può essere dovuta solo a un occultamento più ampio e che aveva necessariamente altre finalità. Ma un attentato, pianificato dal trasportatore dell'esplosivo e perfettamente riuscito, non rende necessario un inquinamento del genere".

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