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Morte Imane, "livelli alti di alcuni metalli"

18 marzo 2019 | 11.44
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Uno è l'antimonio. Sentito il direttore sanitario della Humanitas, insieme ad altri testimoni, per far luce sulla morte della testimone chiave nei processi Ruby. Il suo "corpo radioattivo". Sgarbi: "Macché superteste"

(Foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Nelle analisi del sangue e delle urine di Imane Fadil, testimone chiave dei processi Ruby, ci sono livelli alti di alcuni metalli pesanti, "come l'antimonio che ha dato a un esame sommario su un campione di sangue già lavato un risultato di 3, mentre il range è tra 0,02-0,22". Lo rende noto il procuratore capo di Milano, Francesco Greco. "Non conoscendo le cause della morte, nulla si può escludere" anche vista la presenza di metalli pesanti nel corpo della 34enne, "per cui d'accordo con i medici legali si è pensato di procedere con cautela per non esporre a possibili conseguenze dannose i medici che eseguono l'autopsia", sottolinea Greco. 

La presenza di eventuali sostanze radioattive nel corpo della 34enne è dunque, per ora, un'ipotesi senza certezze. "E necessario procedere con particolari attrezzature tecniche, anche con l'intervento specializzato dei vigili del fuoco. Nei prossimi giorni procederemo all'estrazione di alcuni campioni, poi alla normale autopsia", conclude il procuratore. La presenza di metalli pesanti nel sangue e nelle urine non è sufficiente però per stabilire la causa del decesso, né per determinare - al momento - la presenza di eventuali elementi radioattivi nel corpo della giovane ex modella. "Ci sono dei metalli, ma non si conosce l'isotopo", precisa il pm di Milano, Luca Gaglio titolare insieme al procuratore aggiunto Tiziana Siciliano del fascicolo aperto per omicidio volontario contro ignoti. 

Oltre all'antimonio è stata registrata la presenza di "cadmio urinario di 7 (forbice 0,1-0,9), molibdeno elevano, cromo al 2,6 (0,1-0,5)", parametri che di per sé nulla dicono sulla pericolosità degli elementi stessi fino a quando non si conoscerà il valore dell'eventuale radioattività dei metalli che "si fissano sulle ossa" o su organi "come fegato e reni".  I risultati sono attesi a giorni, solo dopo - tra giovedì e venerdì - ci sarà l'autopsia che sarà eseguita da un pool di esperti guidati dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, insieme al Nucleo radiologico e batteriologico dei vigili del fuoco, per far luce sulle cause del decesso.

Nessun rischio all'interno dell'Humanitas in cui Fadil è stata ricoverata dal 29 gennaio al 1 marzo (giorno della morte) - "i controlli in ospedale con il contatore Geiger (che misura le radiazioni di tipo ionizzante, ndr) ha dato esito negativo", spiega Greco. Maggiori precauzioni, invece, vanno assunte per chi eseguirà l'autopsia, anche se il rischio è che eventuali sostanze pericolose siano già decadute visto il tempo trascorso. 

"C'è l'opzione di un avvelenamento, ma nessuno si sente di escludere una possibile causa naturale della morte - sottolinea quindi il procuratore capo di Milano - Quello che emerge è che all'Humanitas hanno tentato tutto il possibile. C'è anche l'ipotesi di una malattia rara che non è stata trovata". Ora, invece che a possibili indagati, "è più importante capire la causa della morte di Imane Fadil", sottolineando come "tutti gli accertamenti" sul corpo della testimone chiave dei processi Ruby "hanno per ora dato esito negativo". Il procuratore invita a evitare "suggestive congetture.

Fatto sta che era il 12 febbraio quando "Imane Fadil parlava di avvelenamento e l'ha comunicato all'esterno", rende ancora noto Greco. Il 12 febbraio "viene chiesta un'analisi dell'arsenico che ha dato esito negativo il 22 febbraio", precisa il sostituto procuratore Tiziana Siciliano. Quindi all'Humanitas "sono iniziate una serie di analisi più approfondite" - alla caccia di sostanze sospette come i metalli pesanti nel sangue e nelle urine - che, però, non sono servite a scongiurare la morte della 34enne. E solo nel giorno del decesso, comunicato dal difensore della giovane alla procura, che i magistrati milanesi aprono un'inchiesta per omicidio volontario contro ignoti. Dal sospetto di Imane confessato al legale e al fratello all'inchiesta della procura c'è un 'vuoto' di 15 giorni, visto che la struttura ospedaliera "non ha comunicato né alla procura né alla polizia" il ricovero sospetto. Una mancata comunicazione che potrebbe avere degli effetti sulla struttura ospedaliera.

I pm di Milano hanno ascoltato oggi come persona informata dei fatti il direttore sanitario dell'Humanitas, Michele Lagoia. L'audizione si è tenuta nell'ufficio del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che coordina le indagini per omicidio volontario. L’uomo è solo uno dei vari testimoni ascoltati in questi giorni dai magistrati titolari del fascicolo per far luce sulla morte delle accusatrici di Silvio Berlusconi nell'inchiesta sul ‘Bunga bunga’.

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