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Cucchi, rischio processo per 8 carabinieri

19 marzo 2019 | 10.33
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Indagine chiusa per Casarsa, Sabatino e altri. Tra i reati contestati: falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia

(FOTOGRAMMA/IPA)
(FOTOGRAMMA/IPA)

La procura di Roma ha chiuso l'indagine sui presunti depistaggi nell’ambito del caso Cucchi, il geometra 31enne morto il 22 ottobre 2009 dopo essere stato arrestato per droga.

A rischiare il processo con le accuse a vario titolo - e a seconda delle posizioni di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia - sono otto carabinieri fra cui il generale Alessandro Casarsa, allora comandate del Gruppo Roma, e Lorenzo Sabatino, allora comandante del reparto operativo dei carabinieri di Roma.

L'avviso di conclusione delle indagini, che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio, è stato firmato dal pm Giovanni Musarò e dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Oltre a Casarsa e Sabatino, rischiano il processo Francesco Cavallo, all'epoca dei fatti tenente colonnello e capo ufficio del comando del Gruppo Roma; Luciano Soligo, all'epoca dei fatti maggiore dell'Arma e comandante della compagnia Roma Montesacro; Massimiliano Colombo Labriola, all'epoca dei fatti comandante della stazione di Tor Sapienza; Francesco Di Sano, all'epoca in servizio alla stazione di Tor Sapienza; Tiziano Testarmata, comandante della quarta sezione del nucleo investigativo dei Carabinieri e il carabiniere Luca De Cianni a cui è contestato il reato di falso e di calunnia.

Secondo quanto si legge nel capo di imputazione della chiusura d'inchiesta, le falsificazioni delle note redatte dopo l'arresto di Cucchi, in particolare sulle condizioni di salute del geometra 31enne, sarebbero partite da Alessandro Casarsa, nel 2009 comandate del Gruppo Roma e avevano l'obiettivo "aggravante di volere procurare l'impunità dei carabinieri della stazione Appia, responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso".

In particolare, Casarsa, Francesco Cavallo, Massimiliano Colombo Labriola, Francesco Di Sano, e Luciano Soligo sono accusati di falso ideologico. Secondo i pm "avrebbero attestato il falso in una annotazione di servizio, datata 26 ottobre 2009, relativamente alle condizioni di salute di Stefano Cucchi", arrestato dai carabinieri di Roma Appia e portato nelle celle di sicurezza di Tor Sapienza, tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. "Casarsa, rapportandosi con Soligo, sia direttamente sia per il tramite di Cavallo, chiedeva che il contenuto della prima annotazione (redatta da Di Sano) fosse modificato - si legge nel 415bis - nella parte relativa alle condizioni di salute di Cucchi". 

Cavallo, inoltre, "rapportandosi direttamente sia con Casarsa che con Soligo chiedeva a quest'ultimo che il contenuto di quella prima annotazione fosse modificato". Soligo, secondo l'accusa, "veicolando una disposizione proveniente dal Gruppo Roma ordinava a Di Sano, anche per il tramite di Colombo Labriola, di redigere una seconda annotazione di servizio, con data falsa del 26 ottobre 2009 nella quale si attestava falsamente che 'Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza' omettendo ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate da Cucchi".

I carabinieri, sempre secondo la procura, sono accusati di falso anche per la nota di servizio del 26 ottobre del 2009 redatta dal carabiniere scelto Gianluca Colicchio (che non è indagato) "indotto a sottoscrivere il giorno dopo una nota in cui falsamente attribuiva allo stesso Cucchi 'uno stato di malessere generale, verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza', omettendo ogni riferimento ai dolori al capo e ai tremori manifestati dall'arrestato".

Quanto a Sabatino e Testarmata, i due sono accusati di concorso in omessa denuncia e favoreggiamento. Entrambi, come si legge nel capo di imputazione, chiamati nel novembre del 2015 ad acquisire gli atti successivi all'arresto di Cucchi, "resisi conto che due annotazioni di pg del 26 ottobre 2009 era ideologicamente false, in merito alle condizioni di salute di Cucchi, omettevano di presentare denuncia".

Sabatino in particolare, "si limitava ad elencare la documentazione prelevata (&) omettendo di denunciare la sussistenza del reato e omettendo di evidenziare che esistevano due versioni per ciascuna annotazioni e che una delle due era falsa". Testarmata, "nel redigere la relazione del 12 novembre 2015 ometteva di dare atto di quanto accertato il 5 novembre del 2015 presso il comando stazione di Tor Sapienza in merito al rinvenimento di due versioni per ciascuna annotazione del 26 ottobre del 2009". 

Testarmata è accusato anche di un altro episodio di favoreggiamento perché quando il 4 novembre del 2015 va alla compagnia Casilina per acquisire una serie di atti si rende conto che il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento della Compagnia di Roma Casilina "era stato alterato". Dopo essersi accorto che "era stato cancellato con il bianchetto il passaggio di un soggetto dalla sala Spis nella giornata del 16 ottobre del 2009 (giorno dell'arresto di Cucchi), ometteva di prelevare il registro in originale - si legge - nonostante fosse stato ripetutamente ed esplicitamente stimolato in tal senso dal maggiore Pantaleone Grimaldi (comandante della compagnia Casilina) e dal tenente Carmelo Beringheli (comandante del nucleo operativo di Casilina)".

Stando ancora a quanto si legge nella chiusura inchiesta, il carabiniere Luca De Cianni in una nota in merito a un incontro avvenuto nel maggio 2015 con il collega Riccardo Casamassima, supertestimone del caso Cucchi che poi denunciò di aver subito pressioni, minacce e di essere stato 'punito' con una trasferimento, riferì "falsamente che in tale occasione" seppe che "lui (Casamassima) avrebbe chiesto una somma di denaro ad Ilaria Cucchi ed in cambio avrebbe fornito all'autorità giudiziaria dichiarazioni gradite alla stessa Cucchi".

Per il pm Musarò inoltre, De Cianni ha accusato il collega Casamassima di avergli riferito "che alcuni carabinieri appartenenti alla stazione Appia avevano colpito con schiaffi Stefano Cucchi ma che non si era trattato di un 'pestaggio' e che il giovane geometra si era procurato le lesioni più gravi compiendo gesti di autolesionismo ('ma maggiormente lui si era anche autolesionato sbattendo più volte il viso a terra ed al muro in cella')". De Cianni è accusato anche di calunnia perché, sentito come testimone in Questura, "implicitamente accusava Riccardo Casamassima, sapendolo innocente, dei delitti di false informazioni al pm, falsa testimonianza e calunnia".

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