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"Lorenzo era un ragazzo d'oro"

19 marzo 2019 | 11.50
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Parla Gabriele Micalizzi, il fotoreporter milanese ferito in Siria l'11 febbraio scorso

(Fotogramma)
(Fotogramma)

di Giorgia Sodaro

"Era un ragazzo d'oro, umile, non era un esaltato ma una persona perfettamente bilanciata che sapeva cosa stava facendo. Era un idealista. La sua non era una militanza politica ma una battaglia per la libertà di pensiero, lottava anche per noi, per l'Europa". Gabriele Micalizzi, il fotoreporter milanese ferito in Siria l'11 febbraio scorso, ricorda così Lorenzo Orsetti, militante tra le Forze siriane democratiche, ucciso dall'Isis mentre lottava al fianco dei curdi.

Micalizzi e Orsetti si erano conosciuti una settimana prima che il fotoreporter rimanesse ferito. Tra una battuta e una sigaretta avevano passato un pomeriggio insieme all'interno di una base curda. "Orsetti, che fumava solo sigarette curde, aveva accettato volentieri una Marlboro italiana", racconta all'Adnkronos Micalizzi. "Era un bravo ragazzo - dice ancora - davvero, abbiamo scherzato". "Io l'ho intervistato e mi aveva raccontato la sua esperienza - aggiunge - Era appena tornato nella zona di Baghuz da Der Zor perché il suo turno di combattimento era finito, il suo battaglione era in riposo. Ci aveva raccontato il suo percorso, di come era arrivato lì".

"Lui era un idealista - spiega - era andato lì per combattere, era vicino ai curdi come ideologia. Era una persona molto umile, non parlava mai di se stesso parlava più degli altri, dei suoi compagni curdi, non era per niente una persona egocentrica, questa cosa mi ha colpito, era veramente un ragazzo d'oro, questa è l'impressione che ha dato a me. Non era un esaltato, per niente, era una persona perfettamente bilanciata, sapeva che cosa stava facendo, sapeva dove era. Una persona veramente particolare".

"Era di ideologia di sinistra ed era vicino a quell'ideologia lì, però comunque lui mi ha detto una bellissima cosa: non c'entra essere di sinistra o di destra, qua si combatte per la libertà, per la libertà di pensiero, queste sono le cose importanti di cui parlava, la sua non era una militanza politica ma una lotta per la libertà di espressione, per le cose importanti - spiega - E poi aveva capito che la guerra che si combatteva lì era anche una guerra per noi, era una guerra che combattevano anche per l'Europa".

Sulla situazione in Siria Micalizzi sottolinea che "la cosa che non si capisce è che quando eravamo lì ci dicevano tre giorni e la prendiamo e lo continuavano a ripetere ma la guerra va avanti da oltre un mese e mezzo da quando io sono andato via e non si capisce come sia possibile che questi siano sempre di più". "Non si capisce come, nonostante tutti gli sfollati, tutti i civili che sono andati via, tutti i miliziani arrestati, questi siano ancora asserragliati lì - spiega - Devono avere dei collegamenti che portano all'esterno perché non è possibile che così tanta gente continui a rimanere in un km quadrato, ci sono famiglie, ci sono civili, ci sono combattenti e ci sono più armi".

"O hanno dei tunnel che portano fuori e sono collegati con gli altri Stati, e quindi non sono accerchiati come si dice, oppure c'è qualcos'altro sotto, hanno veramente un'altra città sotterranea - conclude - Dovevano essere 500 miliziani e ora sono 1.500 all'interno compresi i civili, ogni volta i numeri sono sempre diversi, i numeri non tornano . E' quello che mi lascia perplesso".

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