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Ritorno in Siria? Parlano i rifugiati

20 marzo 2019 | 16.44
LETTURA: 2 minuti

Ritorno in Siria? Parlano i rifugiati

di Valerio Masia
Sono fuggiti dalla guerra e dalla morte in Siria. Martoriata da quasi 8 anni. Le loro città, le loro case ridotte in macerie. Sono giovani rifugiati che vorrebbero tornare nel loro Paese ma che in Italia hanno trovato dignità, fiducia in loro stessi, in quello che erano e in quello che sono ora. Proprio adesso che il mondo è ancora scosso dalla sanguinaria strage di Christchurch arriva da Roma un'esperienza d'integrazione come poche ce ne sono. E noi siamo andati a vedere come funziona.

Filo conduttore di tutto? Il cibo. E' già perché parliamo di Hummustown, servizio di catering di specialità mediorientali lanciato nella Capitale e nato per offrire un'opportunità di lavoro e inclusione. Progetto frutto della volontà di due sorelle siriane Shaza e Loma Saker, di Damasco. I ragazzi che abbiamo incontrato si chiamano Anmar, Redwan, Obay, Mohammad, Uday. C' è chi viene da Homs e chi da Damasco. Dai noi hanno trovato una nuova vita, una comunità che li ha accolti ma nel loro cuore sognano di ritornare In Siria.

"Non ci volgiamo più sentire rifugiati, vogliamo essere come voi", dice all'Adnkronos Anmar. E ancora, "se le cose migliorassero sarei più che contento di tornare in Siria", afferma Uday, fuggito da Homs, una delle città della Siria che ha subito pesantissimi bombardamenti. L'esperienza che i ragazzi stanno facendo a Hummustown fa però dimenticare tutto. "Questa avventura - racconta Obay - è sicuramente molto positiva, mi da la possibilità di conoscere tante persone, di imparare nuove cose".

"Questo progetto - spiega Loma Saker, coofondatrice di Hummustown, è stato creato per aiutare i ragazzi siriani a trovare la dignità e l'indipendenza finanziaria. Cosa non face in Italia, complice la lingua e la burocrazia". E ora che la guerra sembra volgere al termine, ora che la ricostruzione sembra stia ripartendo, il pensiero va a chi ha avuto la fortuna di conoscere la Siria, prima dello scoppio della guerra, a chi ha perso tutti a chi è morto e a chi non ha potuto goderne più, proprio come i ragazzi di Hummustown.

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