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il racconto

"Costretta a prostituirmi pure se incinta, così ho incastrato la mafia nigeriana'

04 aprile 2019 | 17.03
LETTURA: 6 minuti

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

Costretta a prostituirsi dalla mafia nigeriana, anche mentre era in stato di gravidanza. E persino appena una settimana dopo il parto. E' la terribile storia che vede come protagonista una giovane nigeriana che oggi vive alla Caritas di Palermo. "La mia storia inizia il 7 giugno del 2014 quando ero in Nigeria. Lì, avendo problemi economici, decisi di raggiungere l'Europa e così mi rivolsi alla mamma di una mia amica che poi fece il viaggio insieme a me e questa mi prospettò la possibilità di andare in Europa...". Inizia così la storia dolorosa di B.

E' stato grazie anche alle sue dichiarazioni che gli investigatori sono riusciti a fare luce sulla cellula 'Eiye' con il fermo di sette persone, mentre altre sei sono ancora ricercate.

"Pur di allontanarmi per ragioni economiche dalla mia patria- racconta ancora B. -accettai la proposta di partire, allettata anche dal fatto che la mamma della mia amica mi prospettò di lavorare nel bar di sua sorella che si trovava in Italia. Prima di essere inviata, fui sottoposta insieme ad altre ragazze a un rito voodoo nella città di Edo State". "Ci hanno fatto dei tagli e ci hanno fatto bere qualcosa - spiega ancora la ragazza -Nel corso del rito abbiamo giurato di pagare la somma di 25.000 euro ciascuno. Siamo partiti il 7 giugno 2014 da Edo State in un autobus ed eravamo tre ragazze e quattro ragazzi, abbiamo preso un altro mezzo e abbiamo attraversato il deserto del Niger per arrivare in Libia".

"In Libia siamo stati ospitati a casa di un uomo a Saba e poi da lì a Tripoli dove siamo rimasti per tre giorni. Poi siamo stati trasferiti in un campo dove siamo rimasti due settimane, appena il tempo lo ha permesso ci siamo imbarcati in un gommone tutti e sette. Dopo qualche ora di navigazione siamo stati salvati da una nave e portati in Italia dove siamo sbarcati a Reggio Calabria il 4 agosto 2014". Pochi giorni dopo l'arrivo al centro di accoglienza, "una persona ci ha fatto uscire dal centro e ci ha portate a Bari. Arrivate là, noi tre e Osasu, siamo andate a vivere tutti nella stessa casa". Ed è stato qui che B. ha scoperto che non sarebbe andata a fare la cameriera ma la prostituita.

"Friday ci picchiava e minacciava di morte se non avessimo obbedito, gli dovevamo dare i suoi 25 mila euro- dice - Ci intimidiva tramite le credenze del rito voodoo a cui eravamo state sottoposte dicendoci che saremmo morte. A metterci i preservativi in borsa e ad accompagnarci per strada a lavorare fu la compagna di Friday di nome Jessica. Sua moglie, invece, stava male ed è morta nel febbraio del 2015 per un problema ai reni".

"Ho continuato a prostituirmi anche in gravidanza poiché Friday mi minacciava e picchiava se non lo facevo", racconta ancora tra le lacrime B. "Quando ho partorito, dopo circa una settimana, sono stata costretta nuovamente a prostituirmi fino a quando ho ascoltato il consiglio telefonico di mia mamma e mi sono rifiutata di continuare". Ma Friday "si è molto arrabbiato per la mia decisione e ha iniziato a picchiarmi violentemente per convincermi a riprendere a prostituirmi - dice - Mi ha picchiata per circa due mesi di seguito mi dava sia schiaffi che colpi di cintura in tutto il corpo spesso in presenza della mia connazionale ed amica Glory che inerme ha assistito a queste percosse".

La donna ha quindi continuato a raccontare nei dettagli le violenze e le costrizioni subite nei mesi successivi durante i quali aveva lavorato come prostituta nella Connection House di 'Action' e ha fornito "elementi fondamentali per la sua identificazione quali le utenze telefoniche e l'ubicazione precisa della Connection House e riferiva alcuni particolari in particolare l'utilizzo del basco di colore blu nel corso di riunioni con gli amici che conducevano immediatamente a ipotizzare la sua appartenenza al cult degli Eiye.

"Il 17 di luglio 2017 sono arrivata qui a Palermo alla stazione Centrale con il pullman che proveniva da Torino e Action è venuto a prendermi e mi ha portata in una casa vicino a Casa Professa nel quartiere di Ballarò- spiega ancora la giovane ex prostituita -All'interno c'erano altre due ragazze: Sonia e Glory, entrambe costrette a prostituirsi per conto di Action. La casa si trova al piano terra. Ci sono tre stanze nella stanza principale, Action vende la birra, mentre nelle altre due stanze noi tre portavamo i clienti. I clienti erano tutti nigeriani. Le prestazioni variavano dai 15 ai 20 euro presso la nostra abitazione. Mentre se noi andavamo a casa del cliente chiedevamo 50 euro day break".

E ancora: "Per il day break Action teneva 10 euro per se mentre per le altre prestazioni 5 euro. Action chiedeva solo a me e a Sonia 250 euro complessive al mese per il fitto della casa mentre Glory non pagava perché era la sua ragazza. I soldi io li consegnavo a Glory che li dava ad Action. Ho pagato solo un affitto di 125 euro e i soldi che gli dovevo a seguito delle prestazioni sessuali con i clienti che non sono in grado di quantificare. Il giorno 24 agosto Action mi ha chiesto un rapporto sessuale gratis io mi sono rifiutata e allora mi ha detto di andare via da casa. Gli ho detto che non sarei andata via perché avevo appena pagato l'affitto e allora lui ha iniziato a minacciarmi dicendomi che mi avrebbe pugnalata sul seno e negli occhi. Considerata la situazione sono andata via da casa e ho chiamato la mia amica Joy che avevo conosciuto in chiesa quando sono arrivata a Palermo, che mi ha ospitata per 4 giorni. Poi sono andata alla Caritas dove tutt'oggi mi trovo". E conclude: "Ho paura perché ho sentito che Action mi sta cercando per avere dei soldi da me e vuole che io ritorni a lavorare per loro".

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