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"Aiutateci", l'appello di Sea Eye

07 aprile 2019 | 13.38
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Ancora in mare la Alan Kurdi: a bordo 64 migranti. Portavoce Ong: "Menzogna dire che Libia è porto sicuro"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Le scorte di cibo e acqua si esauriranno a breve e la situazione medica potrebbe deteriorarsi rapidamente una volta che la tempesta prevista arriverà". E' l'appello di 'Sea Eye' per consentire lo sbarco dei 64 migranti che si trovano tuttora a bordo della nave Alan Kurdi.

"Esortiamo pertanto gli Stati membri europei ad agire in nome dell'umanità e nel rispetto dei diritti umani. Gli accordi ad hoc non sono un approccio sostenibile e non possono essere stipulati sulla pelle di 64 persone che sono appena scampate alla morte e all'annegamento. Il salvataggio delle persone in difficoltà dovrebbe essere effettuato indipendentemente dalle agende politiche dei singoli Stati. Tuttavia -viene rilevato- sembra che la soluzione alla nostra situazione possa essere solo politica".

"Siamo diventati dipendenti - prosegue Sea Eye - dai negoziati tra gli Stati membri dell'Unione europea e ciò rappresenta una inaccettabile distorsione e violazione del diritto applicabile alle operazioni SAR. Questa posizione, dove si rischia di essere arrestati se si segue la legge e si fa ciò che è giusto, mentre si è costretti a prolungare la sofferenza delle persone facendo ciò che gli Stati richiedono, ci fa soffrire".

La nave è al suo quinto giorno in mare dopo il salvataggio a largo della Libia e "il tempo sta peggiorando", scrive l'Organizzazione in un tweet. "Speriamo - si legge - che le menti della politica si calmino presto per fare ciò che è più umano. Salvaguardare la vita".

"Torture, schiavitù e violenze sessuali: i migranti in Libia sono esposti a danni irreparabili" denuncia Carlotta Weibl, portavoce internazionale di Sea Eye, riferendo della dinamica dei fatti quando il 3 aprile scorso 64 persone sono state salvate a largo della Libia. "Il Paese non può essere considerato un posto sicuro in nessun caso, in particolare alla luce dei recenti sviluppi politici che fanno propendere a una situazione di guerra civile. E' chiaro che un porto sicuro sulla costa nord della Libia non può che essere una menzogna". "Sappiamo bene - ha spiegato Weibl -che in Libia migranti e rifugiati non hanno accesso a procedure di asilo e non hanno nessun tipo di protezione dei loro diritti umani". Per questo motivo l'Organizzazione ha puntato verso Lampedusa. Ma le procedure sono state rispettate: la guardia costiera libica "sembrava essere fuori servizio" e il Centro di coordinamento di Tripoli "non rispondeva", così "è stato chiesto un porto sicuro ai centri di coordinamento per i soccorsi di Roma e La Valletta".

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