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Strage Bologna, parla l'amica di Maria: "Vicine, poi è scomparsa"

22 maggio 2019 | 19.01
LETTURA: 13 minuti

Quel 2 agosto era in stazione con Maria Fresu, in una lunga intervista all'Adnkronos la verità della sopravvissuta

Strage Bologna, parla l'amica di Maria:

“Maria era di fronte a me, a Verdiana e alla bambina, la piccola Angela. Noi eravamo sedute. Lei era lì davanti, in piedi. Poi ci fu l’esplosione. Svenni. E quando riaprii gli occhi solo Maria non c’era più. Era scomparsa. Verdiana e la bambina erano a terra, di spalle. Immobili”. Silvana Ancillotti è una signora gentile, ancora fortemente provata dal suo passato. Seduta sul divano color crema della sua casa, parla a bassa voce. Il tono è educato e garbato. Tornare a quel 2 agosto dell’80, ricordare, le costa uno sforzo immenso, schiacciante. Ma accetta di fare questo viaggio a ritroso nel tempo.

Nell’appartamento al terzo piano di una palazzina in tinta a ridosso dello Stadio comunale di Poggibonsi, la luce del pomeriggio filtra appena dalle tapparelle semiabbassate mentre cerca di riconnettere i ricordi di 39 anni fa quando, 22enne, venne investita dall’esplosione della bomba della strage di Bologna nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione dove stava attendendo, assieme alle sue amiche, Verdiana Bivona, 22 anni, e Maria Fresu, 23 anni, e alla figlia di quest’ultima, la piccola Angela, 3 anni, il treno che avrebbe dovuto portarle in vacanza a Rovereto. Lei è l’unica che si è salvata. Silvana Ancillotti ricorda nitidamente l’esplosione. Violenta, Improvvisa, mentre stava chiacchierando con le sue due amiche nella sala d’aspetto. Si risvegliò sotto un cumulo di macerie. Tutti, attorno a lei, urlavano. Fece per chiudere le braccia che aveva aperte, a croce, ma non rispondevano. Con grande fatica le sollevò. Lentamente si guardò intorno. E vide la sua amica, Verdiana Bivona. La riconobbe dalla camicetta. Era di spalle, immobile. Poco più in là c’era la piccola Angela Fresu, tre anni, figlia di Maria, l’altra amica di Gricciano di Montespertoli con cui si era si era messa in viaggio da Empoli per raggiungere Bologna e, quindi, Rovereto in treno. Anche la bimba era di spalle. Neanche lei si muoveva.

“Aiutate le mie amiche” si sforzò di chiedere Silvana Ancillotti con un filo di voce ai soccorritori che le erano già attorno. Cercò con gli occhi Maria Fresu. Ma di lei non c’era traccia. Era praticamente scomparsa. Una cosa inspiegabile sotto tutti i punti di vista. Silvana è sopravvissuta. Verdiana Bivona e Angela Fresu sono morte, decedute per lesioni da schiacciamento. Maria era a circa un metro di distanza, in piedi, e si è volatilizzata. Neanche alle altre vittime molto più vicine all’ordigno è accaduta una cosa del genere. Ferite gravissime e mortali sì, ma non scomparse per disintegrazione.

Alcuni giorni dopo la strage, sotto al treno fermo al binario 1, venne ritrovato un lembo facciale e alcuni capelli sui quali sono tuttora in corso gli esami esplosivistici dei periti incaricati dalla Corte di Assise di Bologna che sta processando, per la strage, l’ex-terrorista dei Nar, Gilberto Cavallini. La difesa di Cavallini ha chiesto anche una perizia del Dna su quei resti attribuiti a Maria Fresu da un medico legale con una perizia molto controversa ed esumati nelle scorse settimane dal cimitero di Montespertoli. Oggi la Corte d’Assise di Bologna l'ha accordata: l'esame del Dna si farà e chiarirà finalmente ogni dubbio sull'identità di quei resti, ma forse aprendo un nuovo e più inquietante interrogativo: se non appartengono alla Fresu, potrebbero quei resti appartenere a una ottantaseiesima vittima mai identificata ?

Ricorda dove vi incontraste con le sue amiche quel giorno per partire?

“Ci incontrammo a casa di Maria, prima di Montespertoli. Eravamo, io la mia amica Verdiana, Maria e la bambina, Angela. Il fratello di Maria ci accompagnò alla stazione di Empoli. Siamo partite da lì per Bologna, dove avremmo dovuto poi prendere la coincidenza che ci avrebbe portato a Rovereto”.

Conosceva la famiglia di Maria Fresu?

“Si, ero già stata a casa loro. Maria aveva un fratello e sei sorelle. Non ci siamo più rivisti con loro”.

All’epoca vi frequentavate con Maria?

“Qualche volta, non proprio tutte le settimane, una volta ogni tanto”.

Maria aveva questa bambina, Angela.

“So che Maria viveva, con lei, a casa dei suoi genitori. Conoscevo i fratello, i genitori, la bambina. Il papà della bimba non l’ho mai conosciuto”.

Lei che lavoro faceva all’epoca?

“Lavoravo nelle confezioni”.

E Maria come la conobbe?

“Tramite Verdiana con la quale ci conoscemmo quando avevamo 16-17 anni”.

Abitavate nello stesso paese?

“Diciamo che con Verdiana abitavamo vicino. Verdiana abitava vicino Montespertoli, 6-7 chilometri dal paese. Io, all’epoca, abitavo a Cambiano. Con Verdiana ci vedevamo il sabato, la domenica”.

A un certo punto avete deciso di organizzare questo viaggio insieme…

“Sì, si doveva andare in montagna, a Rovereto”.

Vi siete incontrate diverse volte con le sue amiche per organizzare questo viaggio?

“No, no. Lo organizzammo la settimana prima. Sono passati così tanti anni…39 anni ci stanno… Mi piacerebbe andarci….sono stata il primo anno…”

A Rovereto?

“No, a Bologna…”

Non c’è più tornata?

“Lì alla stazione ci son stata una volta…Sono andata a Bologna a parlare con l’avvocato e sono andata alla stazione. Adesso sembra tutto cambiato. La sala d’aspetto sembra più piccola...molto più piccola. Hanno lasciato solo dove c’è la lapide, solo un pezzo. E basta. Io me la ricordo molto grande, grandissima”.

Voi vi trovavate lì nella sala d’aspetto quando esplose la bomba.

“Si, quando è successo, sì, eravamo lì”.

Lei si ricorda dove si trovava esattamente?

“Son passati così tanti anni… Comunque siamo entrate lì perché s’aspettava la coincidenza. Perché doveva ancora arrivare il treno. Poi ci siamo messe lì a sedere. Mi pare sulla sinistra”.

In quale punto vi trovavate esattamente?

“Sì, ricordo, c’erano delle panche…”

All’epoca c’era anche questo cartellone con la foto, se si ricorda.

“Si, si. Eravamo sedute sulle panche e vedevamo, in lontananza, altre panche. Eravamo di spalle alla porta (che, dal marciapiede del binario 1, fa accedere alla sala d’aspetto, ndr)”.

Quindi avevate i binari alle spalle?

“Si. Era come se si stesse più in fondo…”

Quindi stavate sedute più lontane dai binari?

“Si, si”.

Non eravate sedute subito a sinistra, sulla parete di sinistra entrando rispetto alla porta?

“No, no. Eravamo sedute più in dentro. Siamo entrate e ci siamo messe a sedere più dentro”.

Sapevate già che il treno era in ritardo?

“Si, andammo a chiedere. Poi andammo nella sala d’aspetto. Quando ci fu l’esplosione eravamo tutte insieme lì”.

Quando è successo voi stavate tutte sedute?

“No. Eravamo sedute io, la mia amica Verdiana accanto a me e, poi, la bambina. Maria era in piedi, di fronte a noi”.

Maria quanto era distante da voi?

“Ma, poco, circa un metro”.

Ed era girata verso di voi quando è successo il fatto?

“Quello non glielo so dire. Perché poi fu un attimo. Io mi ricordo che vedevo tante panche davanti a me. Le vedevo in lontananza, ecco, tutte queste panche”.

Li vedevate i binari?

“No, da come eravamo sedute no, eravamo come di spalle ai binari”.

Eravate sedute spalle ai binari, quindi?

“Si, si. Vedevo questa sala d’aspetto enorme. Ora sembra piccola...”

Avevate le valigie con voi?

“Si, sì”.

Erano accanto a voi queste valigie?

“Sì, perché dovevamo aspettare la coincidenza quindi le avevamo con noi. Tornai poi a riprendere la mia valigia quando uscii dall’ospedale”.

E l’ha ancora?

“No, l’ho buttata, assieme a quello che c’era dentro. E’ passato tanto tempo. Anche i Fresu ripresero la valigia di Maria”.

Torniamo al momento in cui chiedeste notizie sul treno

“Andammo tutte insieme a chiedere della coincidenza. A che ora ci sarebbe stato il treno che ci avrebbe portato là, a Rovereto. Ma, poi, quando è successo il fatto eravamo tutte lì dentro la sala d’aspetto, insomma. Maria era in piedi di fronte a noi e noi eravamo a sedere”.

Quindi quando è esplosa la bomba Maria stava a neanche un metro da voi?

“Sì, eravamo tutte lì insieme, vicine. E mi ricordo queste porte della sala d’aspetto immense”.

Voi siete entrate nella sala d’aspetto dai binari?

“Sì, mi sembra di sì”.

Il vostro treno era in ritardo mi ha detto?

“Sì, una venticinquina di minuti, forse. Se no non ci si sarebbe trovate lì”.

Voi stavate chiacchierando quando è esplosa la bomba?

“Sì, si”.

Prima dell’esplosione, lei ha sentito qualche piccolo botto precedere il botto più forte?

“No, io ho sentito questo gran boato. E, poi, chiamai Verdiana”.

Ma lei svenne quando esplose la bomba?

“Sì, sì. Mi sono poi risvegliata sotto le macerie. Ho chiamato Verdiana. Mi ricordo che spingevo con le mani lentamente. Le mani non riuscivano a… come se le braccia si muovessero a fatica, in maniera non spontanea. E, poi, fu come un risveglio. Mi sono risvegliata sotto le macerie. Avevo accanto altre persone. Poi vidi la mia amica Verdiana. E la bambina. Chiesi subito soccorso. Non so quanto tempo sarà passato”.

Le persone che erano accanto a lei erano vive?

“Beh, io vidi questo signore che aveva le gambe a brandelli. Poi chiesi aiuto per le mie amiche. Verdiana la riconobbi dalla maglietta. Non si muoveva. Poi c’era anche vicino la bambina. Anche lei immobile. Però Maria no. No, lei non la vidi….Verdiana non era tanto distante da me, era di spalle, però la riconobbi dalla maglietta. E poi vidi la bambina di Maria”.

Quindi c’erano altre persone accanto a voi?

“Io vidi questo signore, non lo vidi in faccia, solo la gamba”.

Vide altre persone accanto a lei che chiedevano aiuto?

“Sì, sì, sentivo rumore”.

Quando si risvegliò già c’erano i soccorsi accanto a lei?

“Sì, quando mi risvegliai vidi molta gente che veniva a darci soccorso. Mi dissero: “ora aiutiamo lei”. Diedi loro il numero del telefono dei miei vicini di casa perché noi, all’epoca, non avevamo telefono. Mi ricordavo addirittura il telefono della famiglia che era lì vicino casa nostra. Ai soccorritori dissi subito: “aiutate le mie amiche!” Poi fui portata via e ricoverata all’ospedale Maggiore.

E questa cosa di non vedere Maria non se l’è mai spiegata?

“No, infatti, non me la sono mai spiegata perché poi eravamo tutte vicine”.

Quando lei stava parlando con Maria, prima dell’esplosione, ricorda se c’era altra gente dietro Maria?

“Sì, c’erano diverse persone”.

E quando lei ha chiesto aiuto l’hanno portata via subito?

“Sì, si, ci portarono via subito”.

C’erano altre persone che venivano estratte dalle macerie?

“Sì, sì. Però vidi solo Verdiana che mi rimaneva di spalle. Non si muoveva per niente. Pensavo fosse viva, non lo seppi subito che era morta, non me lo dissero in quel momento”.

Poi quand’è che ha saputo che Verdiana non era viva?

“Lì, quando ero ricoverata all’ospedale Maggiore. Me lo dissero lì”.

Ha memoria di qualche viso che le rimase impresso nella sala d’aspetto prima dell’esplosione?

“No, no. Si parlava fra noi, non è che si stava a guardare chi arrivava. Vedevo di fronte a me diverse persone”.

Ricorda qualche odore particolare, per esempio di polvere da sparo?

“No, no”.

Quand’è che lei ha saputo che Maria non si trovava più?

“Io l’ho saputo dopo”.

Lei si è fatta un’idea, in tutti questi anni, di come possa essere possibile che Maria si sia volatizzata così? Cosa sia successo e come possa scomparire una persona così? Ci ha mai pensato?

“Non me lo so spiegare”.

E’ mai andata alle celebrazioni del 2 agosto?

“Sì, tutti gli anni”.

E non ha mai incontrato qualcuno, in queste occasioni, che le ha detto di essersi trovato lì, dentro la sala d’aspetto di seconda classe come lei, magari accanto a lei?

“No, ho solo visto alcune interviste televisive di persone che si sono trovate lì, quel giorno, e sono rimaste ferite”.

Lei è l’ultima persona ad aver visto Maria Fresu viva. Si ricorda che era in piedi, di fronte a lei, a un metro di distanza, prima che esplodesse la bomba. La sua è una testimonianza importante, importantissima. E’ mai stata ascoltata dai magistrati?

“No, mai”.

Il 6 agosto alle ore 12 lei viene sentita da personale della polizia giudiziaria nel Reparto di Medicina dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Le mostro questo verbale che ho qui

“Forse saranno venuti, non me lo ricordo più”.

Questa è la sua firma?

“Si, proprio la mia”.

Qui nel verbale lei disse il 6 agosto che il giorno dell’esplosione, il 2 agosto, siete andate tutte nella biglietteria.

“Eh, sì, siamo andate tutte. Si andò tutte insieme a vedere gli orari”.

Qui nel verbale dice che, dopo essere andate nella biglietteria, siete entrate nella sala d’aspetto per attendere l’arrivo del treno e vi siete sedute nel lato sinistro posto di fronte all’ingresso della sala d’aspetto.

“Si - dice rileggendo il verbale - Siamo anche andate ad acquistare dei panini… Ricordo che siamo andate tutte insieme e che ci dissero che il treno era in ritardo. Poi andammo in sala d’aspetto. Quando esplose la bomba eravamo tutte insieme in sala d’aspetto ad attendere l’arrivo del treno”

Sarebbe importante ricostruire il punto in cui eravate sedute. Lei si ricorda che entraste nella sala d’aspetto dai binari?

“Sì, mi sembra dai binari. C’era questa sala d’aspetto che mi ricordo enorme, enorme”.

Eravate addossate alla parete di sinistra?

“No, a una parete no. Mi sembra si era un po’ in dentro, però non tanto distante dalla porta. Vedevo la fine della sala d’aspetto.

Lei che danni ha riportato nell’esplosione?

“Ho avuto un collasso polmonare. I timpani sono saltati. E me li hanno ricostruiti utilizzando la pelle qui, della mano. Poi ho avuto alcune bruciature, ustioni, qui, sulla gamba sinistra. Ferite sulle gambe e mi hanno estratto alcune schegge di legno… Mi fa tanto male ricordare. Dover ritornare al passato mi pesa”, sussurra Silvana Ancillotti fermando il suo viaggio a ritroso nel tempo e cercando di gettarsi alle spalle i ricordi, tremendi, di quel 2 agosto ‘80.

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