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Carceri: Sappe, suicida in Sardegna un agente della penitenziaria

24 giugno 2019 | 21.52
LETTURA: 3 minuti

Era in servizio a Vigevano, stava trascorrendo un periodo di ferie

(Immagine di repertorio - Carcere - Fotogramma)
(Immagine di repertorio - Carcere - Fotogramma)

Un assistente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, di circa 50 anni, originario di Sassari e da molti anni in servizio nel carcere di Vigevano, si è tolto la vita nel tardo pomeriggio, sparandosi con la pistola d’ordinanza, in Sardegna, dove trascorreva un periodo di ferie. A darne notizia è il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe).

“Sembra davvero non avere fine il mal di vivere che caratterizza gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, uno dei quattro Corpi di Polizia dello Stato italiano”, dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe. “Siamo sconvolti - continua - L’uomo era benvoluto da tutti, molto disponibile ed era sempre a disposizione degli altri. Per questo risulta ancora più incomprensibile il suo terribile gesto”.

Capece non entra nel merito delle cause che hanno portato l’uomo a togliersi la vita, ma sottolinea come sia importante “evitare strumentalizzazioni ma fondamentale e necessario è comprendere e accertare quanto hanno eventualmente inciso l'attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative nel tragico gesto estremo posto in essere dal poliziotto. Non sappiamo se, in questo, era percepibile o meno un eventuale disagio che viveva il collega. Quel che è certo è che sui temi del benessere lavorativo dei poliziotti penitenziari l’Amministrazione penitenziaria e il ministero della Giustizia sono in colpevole ritardo, senza alcuna iniziativa concreta. Al ministro Bonafade ed ai sottosegretari di Stato Morrone e Ferraresi chiedo un incontro urgente per attivare serie iniziative di contrasto al disagio dei poliziotti penitenziari”.

“Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del personale di polizia penitenziaria - conclude Capece - Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare un’apposita direzione medica della polizia penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione penitenziaria. Non si perde altro prezioso tempo nel non mettere in atto immediate strategie di contrasto del disagio che vivono gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria è irresponsabile. Vorrei fare un appello al ministro Bonafede: se ci sei, batti un colpo!”.

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