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Staminali sicure contro sclerosi multipla, possibile scudo ricadute

11 settembre 2019 | 13.14
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L'infusione di cellule staminali mesenchimali nelle persone con sclerosi multipla è una procedura sicura, sebbene non si sia osservato un effetto sull'infiammazione acuta misurata con la risonanza magnetica cerebrale. E una prima analisi mostra "un trend importante nella riduzione del tasso di ricadute annualizzate in 24 mesi, se paragoniamo il trattamento con cellule staminali mesenchimali al placebo. Nelle prossime settimane inizieremo l'analisi su molti altri parametri clinici e di risonanza magnetica, che hanno l'obiettivo di verificare gli effetti su neuroprotezione e riparazione negli individui che hanno ricevuto il trattamento con cellule staminali mesenchimali". A dirlo è Antonio Uccelli, direttore scientifico dell'ospedale policlinico San Martino di Genova e principal investigator dello studio Mesems, presentato oggi a Stoccolma al congresso Ectrims, insieme a Mark Freedman, professore di Neurologia dell'Ottawa Hospital Research Institute (Canada).

Lo studio di fase II, concluso da poche settimane, effettuato in doppio cieco e multicentrico, ha coinvolto 10 nazioni, e aveva l'obiettivo di dimostrare la sicurezza e l’efficacia del trattamento con cellule staminali mesenchimali autologhe in persone con sclerosi multipla. Un obiettivo centrato, quanto al paramtro infiammazione che era il principale sotto la lente, solo a metà: mentre infatti i risultati evidenziano che la somministrazione endovenosa di staminali mesenchimali non presenta differenze rispetto al trattamento con placebo, non è stato possibile mostrare un effetto del trattamento sull’infiammazione cerebrale acuta, misurata attraverso il numero di lesioni che assumono contrasto identificate con la risonanza magnetica cerebrale.

Ma i ricercatori si aspettano di capire molte altre cose dall'analisi degli obiettivi secondari appena iniziata e che verrà conclusa nei prossimi mesi. "A questo proposito - commenta Uccelli - sono in corso di analisi i risultati dei numerosi obiettivi secondari dello studio e in particolare quelli relativi all'effetto sulle ricadute", che sembrano promettenti, "sulla progressione di malattia e su alcuni altri parametri di risonanza magnetica che riguardano i possibili effetti di neuroprotezione e riparazione".

Inoltre, "fino ad oggi le prime analisi sono state effettuate sui dati dell’intera coorte di pazienti in trattamento, ma è presumibile che all'interno dei gruppi ci siano stati pazienti che hanno risposto e altri no, per esempio quelli nella fase di malattia a ricadute e remissioni rispetto a quelli nella fase progressiva. Siamo fiduciosi che alcuni risultati possano fornire indicazioni positive. E' comunque un risultato importante perché dimostra la sicurezza del trattamento e lascia aperta la porta ad un effetto neuroprotettivo che, se dimostrato dall’analisi degli obiettivi secondari, potrà fornire una nuova speranza alle persone con sclerosi multipla", conclude.

Mesems (cellule stem MEsenchimali per la sclerosi multipla), iniziato a luglio 2012 e terminato nel luglio 2019, è uno studio clinico di fase II accademico, randomizzato, in doppio cieco, confrontato con placebo, con Msc autologhe, derivate dal midollo osseo infuse per via endovenosa in persone con sclerosi multipla. I pazienti arruolati hanno ricevuto staminali mesenchimali autologhe al tempo 0 oppure alla settimana 24, attraverso un disegno cross-over.

Gli obiettivi primari dello studio sono dimostrare la sicurezza e l'efficacia del trattamento rispetto al placebo a 24 settimane dalla somministrazione. Quelli secondari valutano l'efficacia delle cellule staminali mesenchimali su altri parametrici clinici e di risonanza magnetica, con particolare attenzione al loro possibile effetto riparativo. Si tratta del più grande lavoro mai condotto con cellule staminali mesenchimali su pazienti con Sm e ha coinvolto 10 Paesi tra cui Italia, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, Iran, Svizzera, Austria e Canada, con il coordinamento dei ricercatori del Centro di Genova e dalla Clinical Research Organization Latis di Genova.

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