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Torri Eur, 12 indagati

19 settembre 2019 | 09.54
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La procura di Roma ha concluso le indagini relative al progetto di ripristino dello storico Palazzo Raggi e del complesso immobiliare delle 'Torri di Ligini': ipotesi corruzione, abuso d'ufficio e traffico di influenze illecite. Tra gli indagati anche l'ex assessore Caudo e il costruttore Bonifaci

(Fotogramma)
(Fotogramma)

La Procura della Repubblica di Roma ha concluso le indagini relative al progetto di ripristino dello storico "Palazzo Raggi" in via del Corso e del complesso immobiliare delle "Torri di Ligini" all’Eur, già sede del Dicastero delle Finanze, notificando, nei confronti di dodici soggetti, la conclusione delle indagini per ipotesi di corruzione, abuso d’ufficio e per traffico di influenze illecite. Tra gli indagati ci sono il costruttore Domenico Bonifaci e l’ex assessore alla Riqualificazione Urbana del Comune di Roma della Giunta Marino, Giovanni Caudo, oggi presidente del III Municipio.

A quanto apprende l'Adnkronos, all'ex assessore Caudo vengono contestate le accuse di traffico di influenze illecite relativamente al progetto di restauro delle Torri e di abuso di ufficio relativamente ad altre due pratiche edilizie, una attinente a un immobile di pregio in largo di Santa Susanna, già̀ sede dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia, e l'altra relativa alla zona di Grotta Perfetta.

Come fa sapere in una nota la Guardia di finanza, le indagini di polizia giudiziaria, avviate nel 2015 dai militari del Nucleo Speciale Anticorruzione, "si sono concentrate su presunti indebiti accordi, intercorsi tra politici, dirigenti e funzionari del Comune di Roma ed imprenditori" per ottenere esito positivo nella definizione delle pratiche edilizie, "pervenendo così a soluzioni condivise attraverso un iter amministrativo più confacente all’ottenimento di un risultato favorevole, a fronte di denaro o altre utilità, quali agevolazioni nell’acquisto di appartamenti, l’abbattimento di mutui, il pagamento di spese notarili e/o anche l’ottenimento di particolari incarichi professionali".

"Con riferimento alla vicenda relativa al restauro di Palazzo Raggi, un noto costruttore romano, proprietario dello stesso tramite una sua società - sottolinea la guardia di finanza in una nota - avrebbe direttamente e costantemente, anche con l’ausilio dei collaboratori più fidati, tenuto i contatti con il capo pro-tempore del Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica (Pau) del comune di Roma e con alcuni funzionari del medesimo Dipartimento, al fine di scongiurare l’annullamento del piano di recupero dello storico palazzo romano".

"Nel caso relativo alla pratica edilizia delle Torri dell’Eur, l’allora assessore alla Riqualificazione Urbana del Comune di Roma avrebbe fatto approvare il progetto come avente natura di restauro e/o risanamento conservativo (che non prevede alcun tipo di onere al Comune) anziché di ristrutturazione edilizia (che prevede invece il pagamento di oneri concessori e del contributo straordinario per la valorizzazione immobiliare, per oltre 20 milioni di euro) - prosegue la guardia di finanza - in modo tale da concedere, sfruttando anche le relazioni esistenti con alcuni funzionari del suo assessorato e di altri uffici pubblici, il permesso di costruire in maniera difforme dalle previsioni con notevole risparmio di spesa".

Nel corso delle indagini, fa sapere la guardia di finanza, "sono emerse inoltre irregolarità anche con riferimento ad altre due diverse pratiche edilizie". "La prima - continuano gli investigatori - è attinente ad un immobile di pregio in largo di Santa Susanna, già sede dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia, in ordine alla quale l’assessore pro-tempore alla Riqualificazione Urbana ed il Capo del Dipartimento Pau pro tempore del Comune di Roma avrebbero esercitato indebite pressioni su dipendenti comunali per favorire il cambio di destinazione d’uso dell’immobile (dalla realizzazione di un importante centro di livello urbano culturale/commerciale con servizi e spazi espositivi alla realizzazione di uffici)".

"Nella seconda, invece, gli stessi avrebbero favorito una specifica cordata di costruttori per permettere di edificare in zona Grotta Perfetta, negando l’esistenza di specifici vincoli idrogeologici gravanti sul fosso di Tre Fontane", conclude la guardia di finanza.

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