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Fratello bimbo sciolto nell'acido: "Brusca non ha mai chiesto scusa"

07 ottobre 2019 | 17.28
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

di Elvira Terranova
"Giovanni Brusca non ci ha mai chiesto scusa". Lo ha detto all'Adnkronos Nicola Di Matteo, fratello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bambino strangolato e poi sciolto nell'acido su ordine di Giovanni Brusca, parlando della richiesta di arresti domiciliari per il collaboratore di giustizia. Attraverso il suo legale, l'avvocato Monica Genovese, il fratello del piccolo Di Matteo, ucciso per volontà di Giovanni Brusca per 'punire' il padre, il pentito Santino Di Matteo, che aveva iniziato a collaborare con la giustizia, ricorda di quelle volte in cui Brusca dice di avere chiesto scusa alla famiglia ma che "queste scuse non sono mai arrivate a noi". Non solo. La famiglia del bambino ucciso e poi sciolto nell'acido lamenta anche il fatto che "in tutti i processo Brusca ha attribuito colpe e responsabilità al papà del ragazzo" e questo per loro "è un continuo rinnovare una ferita", spiega l'avvocato Monica Genovese.

Giuseppe Di Matteo fu rapito il pomeriggio del 23 novembre 1993, quando aveva quasi 13 anni, in un maneggio di Piana degli albanesi da un gruppo di mafiosi che agivano su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. Secondo le deposizioni di Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori si travestirono da poliziotti della Dia ingannando facilmente il ragazzo, che credeva di poter rivedere il padre in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia. Il bambino venne tenuto segregato e poi nel gennaio 1996 fu strangolato e poi sciolto nell'acido. "Se c'è una legge va applicata - dice ancora Nicola Di Matteo - con discrezionalità rispetto alle tipologie di reato e alle vittime. E' chiaro che ci sono delle valutazioni profonde da fare e ci auguriamo che la Cassazione sappia fare la valutazione giusta".

"Si dice che Brusca abbia chiesto scusa alle vittime ma erano scuse mai rivolte alla famiglia del piccolo Di Matteo - dice l'avvocato Genovese - e, soprattutto, questa affermazione stride con il fatto che nei vari dibattimenti c'è stato un riferimento al sequestro e ogni volta non ha mancato di sottolineare che la colpa fosse del papà".

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