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Violenze sui detenuti a Torino, sei agenti ai domiciliari

17 ottobre 2019 | 10.27
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Sarebbero stati protagonisti di una serie di episodi di violenze tra aprile 2017 e novembre 2018 nel carcere 'Lorusso e Cutugno'. Gli investigatori: "Torture erano punizioni a detenuti per reati sessuali e contro i minori"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Calci, pugni, minacce, ma anche umiliazioni e vessazioni. Sono le violenze che i 6 agenti della polizia penitenziaria, in gran parte giovani, in servizio al carcere di Torino e finiti oggi agli arresti domiciliari , avrebbero commesso ai danni di alcuni detenuti, in particolare quelli che si trovano in carcere perché accusati di aver commesso reati sessuali o nei confronti di minori. Per tutti l'accusa è di tortura. Le vittime sarebbero almeno cinque, gli episodi contestati commessi tra l'aprile 2017 e il novembre 2018. Secondo il racconto fatto dai detenuti agli investigatori, i poliziotti avrebbero colpito i detenuti dopo aver indossato guanti per non lasciare traccia dei colpi e in posti, come lo stomaco, dove i lividi non sono visibili. Le violenze sarebbero avvenute in stanze, corridoi, sulle scale o nei passaggi tra una sezione e l'altra, e comunque sempre lontano dalle videocamere di sorveglianza. Difficilmente i detenuti, dopo le presunte violenze, si recavano dal medico del penitenziario per farsi medicare e anche quando questo accadeva le lesioni, secondo il loro racconto, venivano dalle vittime giustificate con finte cadute.

A far scattare le indagini una segnalazione della Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Torino, che venuta a conoscenza di una presunta violenza in occasione di un colloquio con alcuni detenuti. Nelle indagini risultano anche altri agenti indagati a piede libero che, secondo l'accusa, pur non avendo materialmente partecipato alle presunte violenze, avrebbero assistito o comunque ne sarebbero stati a conoscenza. Le indagini proseguono per verificare se ci siano stati altri episodi analoghi, oltre a quelli finora denunciati.

Intanto in una nota Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe ha chiesto di "non trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari". "La presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra Carta costituzionale e quindi evitiamo illazioni e gogne mediatiche - aggiunge Capece - confidiamo nella magistratura perché la Polizia penitenziaria, a Torino come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere e l'impegno del Sappe è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una 'casa di vetro', cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci 'chiaro'".

"La Polizia Penitenziaria, a Torino e negli oltre 200 penitenziari italiani per adulti e minori - conclude Capece - è formata da persone che hanno valori radicati, un forte senso d'identità e d'orgoglio, e che ogni giorno in carcere fanno tutto quanto è nelle loro umane possibilità per gestire gli eventi critici che si verificano quotidianamente, soprattutto sventando centinaia e centinaia suicidi di detenuti, per questo non traggano giudizi affrettati senza aver atteso prima i doverosi accertamenti giudiziari".

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