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Fisco: Ardita (Csm), 'carcere non è soluzione, meglio la confisca accelerata'

21 ottobre 2019 | 13.24
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Sebastiano Ardita, consigliere Csm
Sebastiano Ardita, consigliere Csm

(Di Elvira Terranova) "Se l’obiettivo reale" del provvedimento che prevede il carcere per chi evade per oltre 100 mila euro "è il contrasto all'evasione fiscale, la prospettiva del carcere, calata nel sistema penale italiano, non credo possa essere una soluzione". Ne è convinto Sebastiano Ardita, magistrato e consigliere del Consiglio superiore della magistratura.

"Il numero di evasori fiscali nel nostro paese si conta in milioni, ed anche se solo una frazione raggiungesse la soglia di punibilità, sarebbe impensabile che per essi possano aprirsi mai le porte di un penitenziario - dice Ardita in una intervista all'Adnkronos - L’unico effetto certo è la paralisi del sistema penale che verrebbe ingolfato da un fiume di processi che produrrebbero pene detentive teoriche: cioè sanzioni che rimangono sospese o devono essere convertite in misure alternative".

"La misura più adatta in questi casi ed anche la più proficua per l’erario potrebbe essere la confisca, prevedendo magari un procedimento agile ed accelerato, che renda veloce l’apprensione delle somme sottratte al fisco", dice ancora Sebastiano Ardita. Commentando poi le parole del leader della Lega Matteo Salvini, secondo cui “pensare alle manette per alcune decine di migliaia di euro è da fuori di testa. Sì al carcere ma non per i disperati”, Ardita dice: "Penso che gli evasori sopra una soglia di reddito rilevante non sono sicuramente dei disperati, ma è altrettanto vero che il carcere potrebbe essere una misura “coerente” solo in un sistema con effettività della pena, come quello statunitense - spiega ancora - Nel nostro paese chi lede beni personali rilevanti spesso rimane in libertà e dunque un criterio di proporzionalità deve essere mantenuto nel rispetto dei valori della Carta costituzionale".

'Più sarà alto il numero di processi e condanne più bassa sarà la percentuale di detenuti'

"In Italia si potrebbe considerare il carcere unicamente come rimedio per la grande criminalità finanziaria, specie quando quest’ultima si innesti nell’alveo della criminalità organizzata, ossia in un quadro nel quale il reato fiscale fa parte di un programma criminoso che prevede ruoli e partecipazioni per compiere una serie indeterminata di delitti - dice ancora Ardita - per disarticolare una organizzazione, allora potrebbe avere un senso ricorrere alla misura detentiva. Ma mi riferisco a casi che non si rispecchiano nel fenomeno individuale e generalizzato al cui contrasto sembra ispirarsi la riforma".

Sebastiano Ardita, parlando poi delle dichiarazioni del ministro Luigi Di Maio secondo cui "il carcere per i grandi evasori è imprescindibile", dice: "Penso che con la sensibilità che è presente nel nostro paese e col sistema di misure alternative, più sarà alto il numero dei processi e delle condanne più bassa sarà la percentuale di condannati che varcheranno la soglia di un carcere". "E dunque - conclude il magistrato del Csm -questo rimarrà solo un proposito".

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