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Strage studentesse Erasmus in Spagna, sì al processo

29 ottobre 2019 | 11.58
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Accolto il ricorso dalla Corte di Tarragona. L'unico indagato è l'autista del bus ma per i genitori le responsabilità vanno ricercate anche altrove. Il papà di Serena Saracino: "Prima buona notizia"

Valentina Gallo, Elisa Scarascia Mugnozza, Elisa Valent, Elena Maestrini, Serena Saracino, Lucrezia Borghi, Francesca Bonello (Foto dai profili Facebook)
Valentina Gallo, Elisa Scarascia Mugnozza, Elisa Valent, Elena Maestrini, Serena Saracino, Lucrezia Borghi, Francesca Bonello (Foto dai profili Facebook)

Ci sarà un processo per la strage delle 13 studentesse universitarie (di cui 7 italiane), in Spagna. Nel Paese per il programma Erasmus, le ragazze sono morte su un pullman tre anni e mezzo fa nell'autostrada tra Valencia e Barcellona. Ieri è arrivata la notizia dalla Spagna che dopo due archiviazioni è stato accolto il ricorso presentato davanti alla Corte di Tarragona dai genitori delle ragazze e dallo stesso pubblico ministero.

"Abbiamo ricevuto una mail stringata in spagnolo - conferma Gabriele Maestrini, padre di Elena, una delle ragazze morte nella strage in un'intervista al Corriere Fiorentino - che ci dice solo che è stato accolto il ricorso. Non abbiamo altre notizie". I genitori delle ragazze morte nell'incidente in Spagna non si sono mai arresi e in tutto questo tempo hanno lottato per ottenere giustizia. "Non vogliamo vendetta - spiega Gabriele Maestrini- il nostro unico obiettivo è quello di fare in modo che una tragedia del genere non accada mai più. Nostra figlia non ce la restituirà nessuno, quello che possiamo fare è cercare di fare emergere quelle criticità che hanno portato alla tragedia".

Il papà di Serena Saracino: "Prima buona notizia da giustizia spagnola"

Il 20 marzo 2016 nell’autostrada A7 spagnola un autobus con a bordo 57 studenti Erasmus di ritorno da Valencia si schiantò contro il guardrail. Quel giorno persero la vita 13 studentesse tra i 18 e i 25 anni, tra cui sette italiane. Tra loro c’erano tre toscane: Elena Maestrini di Bagno di Gavorrano, Valentina Gallo di Firenze e Lucrezia Borghi di Greve in Chianti. L’unico indagato per la strage è l’autista del bus di 62 anni ma i genitori ritengono che le responsabilità vadano ricercate anche altrove: troppe lacune in termini di sicurezza anche nell’organizzazione di quel viaggio.

"Alla prima archiviazione - ricorda Maestrini sempre con il Corriere Fiorentino - si arrivò senza che il magistrato interrogasse l’autista. Ci siamo opposti ed è stata aperta una nuova istruttoria. L’autista venne interrogato ma diede la colpa al sistema frenante dell’autobus, quando invece la ricostruzione della polizia catalana aveva escluso qualsiasi problema ai freni. Arrivò così la seconda archiviazione alla quale ci siamo opposti nuovamente. È vergognoso - prosegue il papà di Elena - che sia passato tutto questo tempo, 43 mesi solo per arrivare a dire che ci sarà un processo. A queste conclusioni si poteva arrivare molto prima, visto che non è intervenuto niente di nuovo nell’inchiesta".

"E' da 3 anni e mezzo che aspettavamo questa notizia, tra ricorsi, appelli e contro ricorsi stava diventando una storia senza fine e non ci speravamo quasi più, inoltre arrivavamo da mesi di silenzio che non fanno ben sperare. Ora siamo all'inizio della strada, andremo a processo e vedremo cosa diranno i giudici ma penso anche che se fosse successo il contrario, se fosse stato archiviato tutto, sarebbe stata un'enorme ingiustizia ulteriore in questa storia che è già un'ingiustizia". Così all'Adnkronos Paolo Bonello, il papà di Francesca Bonello, una delle vittime.

"Dalle indagini emergevano moltissimi elementi - riferisce l'avvocato Stefano Bartoli, a nome delle famiglie delle studentesse italiane - che evidenziavano la gravissima imprudenza dell’autista che, pur cosciente della stanchezza e del rischio di addormentarsi, ha volontariamente scelto di continuare la guida, assumendosi così il rischio di mettere in pericolo i 60 passeggeri che trasportava sul pullman, oltre che se stesso; per noi era davvero inconcepibile non ritenere gravemente imprudente e negligente il comportamento di un autista professionale che decide di continuare a viaggiare, anziché fare una sosta e riposare, nel momento in cui percepisce di essere stanco e non riuscire a restare sveglio ed attento".

La corte ha ritenuto che la sussistenza della "imprudenza grave" emerga sia da diverse dichiarazioni e testimonianze riportate dai passeggeri dell’autobus che hanno riferito di una condotta di guida non adeguata, sia dall’analisi del crono-tachigrafo dell’autobus che ha rilevato fino a 77 decellerazioni che non trovano analogo riscontro nella strumentazione degli altri due autobus che viaggiavano unitamente a quello condotto dall’indagato e che hanno evidenziato nello stesso arco temporale e chilometrico rispettivamente 5 e 12 decellerazioni. Da quest’ultima emerge una riduzione dei turni di riposo settimanale che, unitamente agli altri elementi, lascia presumere una condizione di stanchezza e sonnolenza tale di per sé a provocare l’incidente.

“Per noi ci sono gravi responsabilità che vanno oltre quelle dell’autista – prosegue l’avvocato Stefano Bartoli - e che dovrebbero coinvolgere la società proprietaria dell’autobus che, evidentemente, non ha messo l’autista nelle condizioni idonee per svolgere le sue mansioni. Auspichiamo che questo processo e le sue conclusioni spronino le nostre istituzioni a vigilare costantemente e profondamente per garantire ai nostri studenti del progetto Erasmus le più appropriate condizioni di sicurezza e il riconoscimento degli stessi diritti di cui godrebbero nel loro paese”.

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