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"Messaggero dei boss", arrestato radicale Nicosia

04 novembre 2019 | 07.20
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Nicosia è membro del comitato nazionale dei Radicali italiani e collaboratore dell'onorevole Pina Occhionero (Iv), estranea ai fatti. Secondo la Procura, avrebbe fatto da tramite tra capimafia e clan, portando messaggi all'esterno del carcere. L'intercettazione: "Falcone? Un incidente sul lavoro". Occhionero: "Quanto emerge vergognoso e grave". VIDEO: le intercettazioni catturate dalle cimici della Procura. I documenti e il viaggio in Usa: così progettava la fuga

Antonello Nicosia  (Youtube /Mezz'ora d'aria)
Antonello Nicosia (Youtube /Mezz'ora d'aria)

Un assistente parlamentare, Antonello Nicosia, membro del comitato nazionale dei Radicali italiani, è stato arrestato all'alba di oggi insieme con altre 4 persone, con l'accusa di avere veicolato messaggi fuori dalle carceri. In manette anche il capomafia di Sciacca Accursio Dimino. Secondo la Procura avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all'esterno messaggi e anche ordini. Nicosia ha accompagnato la deputata Pina Occhionero (ex LeU e di recente passata a Italia Viva, che risulta estranea alla vicenda) in alcune ispezioni all’interno delle carceri siciliane: durante quelle visite i boss avrebbero affidato all’assistente della parlamentare dei messaggi da recapitare all’esterno.
Antonello Nicosia, 48 anni, originario di Sciacca, è stato eletto nel Comitato Nazionale dal XVII Congresso di Radicali Italiani. Ma è anche assistente parlamentare giuridico-psicopedagogico alla Camera dei deputati, in particolare di Giuseppina Occhionero. Secondo l'accusa aveva una doppia vita, pubblicamente parlava di legalità e diritti dei detenuti, poi invece avrebbe aiutato i detenuti a fare uscire dal carcere dei messaggi alle famiglie mafiose.

"HA STRUMENTALIZZATO INCARICHI" - "Sia gli incarichi assunti a diverso titolo in più associazioni volontaristiche, sia l’elezione nel movimento dei Radicali italiani sia ancora i rapporti stretti con l’Onorevole Giuseppina Occhionero sono stati tutti da lui strumentalizzati per accreditarsi presso diverse strutture penitenziarie e per fare visita a mafiosi detenuti, a scopi estranei a quelli, proclamati, della tutela dei loro diritti". E' quanto scrivono i pm della Dda di Palermo nel fermo.

"Dall’ascolto delle intercettazioni, è emerso in diretta che il Nicosia, a fronte di un impegno politico e sociale sicuramente ispirato a nobili e lodevoli principi, si è in realtà parallelamente adoperato al fine di favorire, a vario titolo, più associati mafiosi, condannati in via definitiva, reclusi in diversi istituti penitenziari nonché al fine di veicolare messaggi fra loro e l’esterno", dicono ancora i pm.

VIDEO: le intercettazioni catturate dalla Procura

"VOLEVA ALLEGGERIRE CARCERE DURO PER BOSS" - "Sfruttando il baluardo dell’appartenenza politica, il Nicosia ha addirittura portato avanti l’ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari giudicati inidonei a garantire un trattamento dignitoso ai reclusi", scrivono ancora i pm della Dda di Palermo.

"SI ASPETTAVA FINANZIAMENTO DA MESSINA DENARO" - Per i pm della Dda, l'assistente parlamentare sarebbe stato impegnato "per la realizzazione di un non meglio delineato progetto che, afferente il settore carcerario, interessava direttamente il latitante Messina Denaro da cui l'indagato si aspettava di ricevere un ingente finanziamento non ritenendo sufficienti i ringraziamenti che asseriva di avere ricevuto dallo stesso ricercato".

"ASSISTENTE PARLAMENTARE PER ENTRARE IN CARCERE" - "Il massimo obiettivo auspicato da Antonello Nicosia era quello di formalizzare una collaborazione con la Camera dei Deputati, come noto prevista dai regolamenti parlamentari, grazie alla quale egli avrebbe potuto fare visita financo ai detenuti sottoposti al regime speciale di cui all’art. 41 bis", spiegano i pm. "Lo stesso Nicosia rivelava tale circostanza in una conversazione del 4 gennaio 2019 col proprio conoscente Pippo Bono - scrivono nel fermo -. In particolare, l’indagato confidava espressamente al proprio interlocutore di aver ottenuto un “contratto” con l’Onorevole Occhionero non per ragioni economiche e di lavoro bensì per la possibilità di fare ingresso nelle carceri e, più in particolare, per far visita ai detenuti sottoposti al predetto regime di “carcere duro”.

"Le ho fatto l'interrogazione parlamentare, mi ha detto: "senti ma ti faccio un contratto". Contratto, gliel’ho detto: "che contratto mi fai?"", dice nella intercettazione parlando della deputata ex Leu e oggi Italia Viva Giuseppina Occhionero. "Che minchia di contratto devi fare?", chiede Bono. E Nicosia: "No vabbè gli ho detto come assistente parlamentare ma anche senza soldi. Che minchia, sennò mi deve dare 10.000 euro al mese a me, quelli che prendi tu. Perché io che minchia faccio... le ho detto: "mi fai un contratto per entrare ed uscire dalle carceri e basta". Ogni tanto … (incomprensibile si accavallano le voci)". E Bono: "Ti metti il ferro dentro la porta … minchia ho a questo che mi scrive tutto quanto...". Nicosia: "No ma io non ci scrivo un cazzo, senza soldi niente le scrivo, mi giro". E ancora: "No, mi giro le carceri invece, visto che non potevo entrare ... così con lei entro". "Faccio un sacco di cose hai capito? Ho trovato questo escamotage".

"Attraverso la collaborazione con l’onorevole Occhionero - si legge -, ha potuto accedere agli istituti penitenziari in brevissimo tempo ben quattro volte: il 21 dicembre 2018 a Sciacca, il giorno successivo a Trapani e ad Agrigento, il 1 febbraio 2019 a Tolmezzo". "Inoltre, col passare del tempo - dicono i magistrati - Nicosia giungeva addirittura a pianificare ulteriori pericolose iniziative sempre progettando di sfruttare, a tal fine, il rapporto con l’Onorevole Occhionero".

"VOLEVA FAR TRASFERIRE DETENUTO" - L’impegno di Antonello Nicosia per il detenuto Santo Sacco "era tale che l'’indagato aveva sollecitato la Occhionero (deputata ndr) ad attivarsi per far trasferire il detenuto dalla Casa circondariale di Nuoro (dove era effettivamente detenuto) a quella di Roma perché, da tale trasferimento, per ragioni allo stato non perfettamente decifrabili, lei avrebbe potuto ottenere, sempre a detta del Nicosia, un servizio di scorta e così evitare faticose trasferte in treno dal Molise (luogo di residenza del Deputato) a Roma". Così scrivono i pm nel fermo.

L'INTERCETTAZIONE - L'uccisione di Giovanni Falcone, nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, "fu un incidente di lavoro". A dire queste parole agghiaccianti, senza sapere di essere registrato dalle cimici della Procura di Palermo, Nicosia. L'assistente parlamentare era anche conduttore in tv della trasmissione "Mezz'ora d'aria" e parlava di legalità e diritti, ma dalle intercettazioni degli investigatori usava un altro linguaggio. Come le parole sul giudice Falcone. "E' stato un incidente sul lavoro", diceva. Per la procura era in contatto con diversi boss, in virtù del suo ruolo di assistente parlamentare e di direttore dell'Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti (LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO)

SEQUESTRATA CARTA SU CONTO ESTERO - I cinque destinatari del provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nell'ambito dell'operazione Passepartout sono Accursio Dimino, 61 anni, detto 'Matiseddu', già condannato per associazione mafiosa (da ultimo nel 2010); l'assistente parlamentare Nicosia, 48 anni, accusato di avere veicolato messaggi fuori dalle carceri; Paolo e Luigi Ciaccio, entrambi di 33 anni, e Massimiliano Mandracchia, 46 anni, tutti di Sciacca.

Su disposizione dell'autorità giudiziaria i militari hanno sequestrato agli indagati disponibilità finanziarie, tra le quali una carta di credito collegata a conti esteri, e patrimoniali, tra cui un’imbarcazione, "tenuto conto che gli stessi risultano disporre, anche per interposta persona, di beni e altre utilità in valore sproporzionato al reddito da loro dichiarato", spiegano gli investigatori.

LINGUAGGIO IN CODICE E AUTO A NOLEGGIO - Linguaggio in codice e auto a noleggio. Per evitare di essere intercettati, i cinque fermati utilizzavano frasi criptiche e volutamente indecifrabili, ricorrendo a sistemi di messaggistica e comunicazione non sottoponibili ad alcuna attività di captazione. E per impedire l'installazione di dispositivi di intercettazione facevano uso di un "periodico e strategico" noleggio di auto.

"Nonostante tali difficoltà - scrivono i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo -, la stessa attività ha consentito di ricostruire la pianificazione di danneggiamenti nei confronti di imprenditori e operatori economici finalizzati a esercitare sul territorio la tipica intimidazione mafiosa nonché addirittura la programmazione di un omicidio in danno di un ricco imprenditore saccense, al fine di rilevare le sue attività e di acquisirne le ricchezze".

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