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Figlio vittima Nassiriya: "Zanotelli preghi invece di dire sciocchezze"

12 novembre 2019 | 18.08
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Marco Intravaia all'Adnkronos: "Sue parole offendono memoria, mio padre ha immolato la propria vita per l'Italia"

(IPA/Fotogramma)
(IPA/Fotogramma)

di Rossana Locastro
"Ricordo al reverendo Zanotelli il significato della parola 'martirio': il sacrificio della vita accettato in nome della fede. Mio padre sapeva che sarebbe morto di lì a poco e ha immolato la propria vita in nome dell’Italia e della sua difesa, fedele fino all’estremo sacrificio al giuramento prestato alla Repubblica". A dirlo all'Adnkronos è Marco Intravaia, figlio di Domenico, il brigadiere dei carabinieri caduto a Nassiriya il 12 novembre 2003, replicando a distanza alle parole di Alex Zanotelli, per il quale "i militari vittime dell'attentato a Nassiriya non andrebbero definiti martiri, in quanto noi eravamo lì per difendere con le armi il nostro petrolio".

C'è "rammarico e indignazione" nelle parole di Intravaia. "Padre Alex Zanotelli farebbe bene a recitare delle preghiere per l’anima di mio padre e dei sui commilitoni - aggiunge - piuttosto che dire sciocchezze e offendere la memoria dei nostri caduti e l’impegno delle nostre forze armate nei teatri operativi".

Appena ieri il figlio del brigadiere ucciso, alla vigilia del sedicesimo anniversario della strage e dopo il nuovo attacco in Iraq, aveva spiegato: "Non può che riaprire una ferita, mai rimarginata. Per me e la mia famiglia, è un dolore che si rinnova ogni volta che si verificano attentati contro i nostri militari o incidenti che li vedono coinvolti. Mio padre ha combattuto il terrorismo islamico con coraggio. Resta per noi un grande uomo che, dinnanzi alla morte annunciata, con dedizione e coraggio ha onorato la divisa che indossava, donando, senza alcuna esitazione, il bene più grande: la sua vita".

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