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"Oseghale voleva rapporto non protetto, Pamela ha reagito"

22 novembre 2019 | 15.21
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"Il corpo fatto a pezzi da mano esperta"

"Oseghale abusava delle condizioni di inferiorità, quanto meno sicuramente fisica di Pamela di cui era ben consapevole, per avere nell'abitazione un frettoloso rapporto non protetto cui la ragazza, plausibilmente abbozzando una reazione, non aveva acconsentito con quelle modalità, desideroso soltanto di appagare il proprio istinto, senza troppo tergiversare e senza attendere che Pamela smaltisse completamente gli effetti dell'eroina". E' quanto sottolinea la Corte di Assise di Macerata in un passaggio delle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo, con 18 mesi di isolamento diurno, nei confronti di Innocent Oseghale accusato di aver violentato, ucciso e fatto a pezzi Pamela Mastropietro. I resti della ragazza romana, allontanatasi da una comunità di Corridonia, furono ritrovati in due trolley vicino Macerata. Nelle 54 pagine di motivazioni della sentenza di condanna del nigeriano, avvenuta il 29 maggio scorso, la Corte di Assise di Macerata ricorda che "Pamela, come sopra osservato, al momento del rapporto era quanto meno in stato soporoso, stordita e obnubilata poiché ancora sotto l'effetto, sia pure in via di risoluzione, dell'eroina il cui processo di trasformazione metabolica era avviato".

Nelle motivazioni della sentenza la Corte di Assise di Macerata spiega che Pamela era in una condizione di inferiorità, non solo legata all'assunzione di droga, ma anche per la patologia della quale soffriva. La Corte ricorda infatti che Pamela era affetta da "patologia borderline. Sotto tale profilo - sottolinea nelle motivazioni - non può certo parlarsi di libertà sessuale da parte di Pamela che aveva avuto rapporti anche con due ospiti della comunità, rappresentando la promiscuità sessuale espressione della malattia e non di un consapevole e valido consenso".

In un passaggio delle motivazioni, la Corte di Assise di Macerata parla del modo in cui la ragazza è stata ridotta, in modo affatto casuale. Anche dalle foto dei resti emerge che "il depezzamento del corpo - si legge nelle motivazioni - era effettuato lucidamente e con precisione da parte di una mano esperta e non attingendo il corpo con coltellate vibrate a caso da parte di persona impaurita e intenzionata soltanto a sezionare, in tutta fretta, un cadavere da introdurre nelle valigie".

Infine la Corte di Assise di Macerata dispone la trasmissione al pm degli atti relativi alle dichiarazioni rese da due testi, rispettivamente il collaboratore di giustizia Vincenzo Marino e il 'tassista' abusivo che accompagnò Oseghale a sbarazzarsi delle due valigie con dentro i resti della ragazza.

Nel caso di Marino, secondo la Corte di Assise di Macerata, le dichiarazioni rese "sono prive di fondamento e sembrano, piuttosto, il frutto di notizie di cronaca e non di circostanze di fatto direttamente apprese dall'imputato, abilmente abbinate ad informazioni, orecchiate in carcere, di sicura suggestione, pur coincidenti in alcuni punti con la ricostruzione della vicenda processuale". La Corte sottolinea quindi di "disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, quanto meno, per il reato di falsa testimonianza".

Riguardo al tassista abusivo, nelle motivazioni della sentenza la Corte osserva che in aula raccontò, "parzialmente correggendosi rispetto alla prima versione" fornita, che "estremamente incuriosito dalla condotta" di Oseghale il quale aveva scaricato le due valigie ai lati di una strada, "era tornato sul posto già nella medesima notte per verificare se le due valigie fossero state nel frattempo prelevate da qualcuno".

Aprendo una delle valigie aveva notato una mano, poi, afferma la Corte di Assise ricordando la testimonianza resa dallo stesso 'tassista', "incredulo, il teste si era allontanato, ben guardandosi dal denunciare immediatamente l'accaduto". La Corte ritiene dunque di "trasmettere gli atti al pm emergendo" a carico dell'uomo "ipotesi del reato di favoreggiamento".

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