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Gip Pilato: "Riforma prescrizione non accelera i tempi del processo"

06 dicembre 2019 | 19.28
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Il giudice Fabio Pilato
Il giudice Fabio Pilato

La riforma sulla prescrizione "non incide sulle vere priorità della giustizia, non avrebbe alcun effetto risolutivo ed anzi rischierebbe di porsi in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, nella misura in cui potrebbe favorire l’insorgere di prassi processuali comportanti l’allungamento dei tempi di definizione". A parlare non è uno degli avvocati penalisti che ha partecipato alla maratona oratoria contro la riforma che entrerà in vigore dal primo gennaio 2020 ma un magistrato di Palermo. Fabio Pilato è gip presso il Tribunale del capoluogo siciliano. Lo stesso magistrato che un anno fa aveva presieduto il Tribunale dei ministri per l'inchiesta per sequestro a carico dell'ex ministro Matteo Salvini.

Poi Pilato aggiunge, critico: "Il dibattito sulla prescrizione mi sembra sia diventato più che altro terreno di confronto politico più che tecnico-giuridico, e viene caricato di significati eccedenti rispetto al beneficio concreto che la riforma apporterebbe al sistema penale".

Per il gip Fabio Pilato "la sospensione dopo la sentenza di primo grado indubbiamente comporta il vantaggio immediato di evitare che molti reati, anche gravi, cadano in prescrizione. Tuttavia il prezzo da pagare per questo vantaggio sarebbe molto caro per tutta una serie di considerazioni". E spiega: "Innanzitutto una riforma del genere contiene un’implicita ammissione di inadeguatezza da parte dello Stato di non essere riuscito a contenere i tempi di durata del processo nonostante i numerosi interventi legislativi, al punto da ricorrere ad un rimedio estremo quale la sospensione della prescrizione".

'Sospensione colpirebbe l'innocente per il quale il processo è già una pena'

E poi Fabio Pilato aggiunge: "La sospensione della prescrizione colpirebbe l’innocente, per il quale il processo è già una pena, e che vedrebbe dilatati i tempi dopo la pronuncia di primo grado. Ciò determinerebbe un indebolimento delle garanzie sostanziali costituzionalmente riconosciute con il principio del giusto processo". "L’introduzione di una riforma simile potrebbe sortire un effetto psicologico di disincentivazione nel seguire il necessario percorso di riforme - ragiona ancora il magistrato - Ma soprattutto non verrebbe risolto nessuno dei problemi strutturali che affliggono la giustizia penale, e che sono i veri responsabili dell’inadeguatezza della risposta fornita alle istanze sociali di giustizia ed equità".

"Cioè, se la celerità dei processi è un obiettivo irrinunciabile, ancor di più lo è il recupero della certezza del diritto e dei valori della giurisdizione". "Negli ultimi decenni si è verificato un pericoloso disequilibrio di sistema con l’indebolimento della fase giurisdizionale, immobilizzata fra ingovernabile numero dei processi e lentezza endemica della macchina processuale". Per Fabio Pilato "il processo e la sentenza rischiano di rimanere delle scatole vuote perché il giudizio sociale su un fatto viene anticipato nell’immediatezza a suon di clamore mediatico, quando si versa ancora nella fase delle indagini preliminari, il procedimento di ricostruzione dialettica della verità è ancora agli albori e necessiterebbe della pronuncia di un giudice".

"Questo trend è incompatibile con le prerogative di uno stato costituzionale, e costituisce la negazione della giustezza del diritto e delle garanzie sostanziali dell’individuo". E conclude: "Allora, se davvero si vuole una giustizia più celere ed efficace, piuttosto che intervenire sulla prescrizione, occorrerebbe una riforma di sistema, ri-spolverando le teorie del “diritto penale minimo”, rimodulando le simmetrie e le competenze fra P.M. e GIP, ed operando una semplificazione delle forme processuali che espungano dal sistema tutte le espressioni di finto garantismo ed esaltino le garanzie sostanziali".

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