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Fioravanti: "Incontrerò il pm Tartaglia, vediamo che succederà"

06 gennaio 2020 | 18.02
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E' quanto ha annunciato all'Adnkronos l'ex leader dei Nar

(Fotogramma)
(Fotogramma)

di Elvira Terranova

Si potrebbe tenere a breve un incontro tra il magistrato Roberto Tartaglia, consulente della Commissione nazionale antimafia e Valerio Fioravanti. Lo ha annunciato all'Adnkronos lo stesso ex leader dei Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari, dopo l'appello lanciato nei giorni scorsi dal pm che lo ha invitato a collaborare sull'omicidio di Piersanti Mattarella. "Ci incontreremo e vedremo cosa succederà", dice Fioravanti.

"Sto ragionando, a una persona per bene si deve rispondere. Ognuno nel suo ruolo, senza ambiguità", conclude. Il pm Tartaglia, in una intervista, aveva parlato di 'Giusva' Fioravanti dicendo che "ha iniziato un percorso sociale importante e comunque non può più essere processato per quei fatti, essendo già stato assolto: perciò potrebbe contribuire al raggiungimento della verità".

Roberto Tartaglia, che potrebbe essere il successore di Raffaele Cantone all'Autorità anticorruzione, ex sostituto procuratore a Palermo e ora consulente della commissione Antimafia nazionale, è stato a Palermo il titolare della inchiesta aperta dal procuratore Francesco Lo Voi sull'attentato all'ex esponente Dc ed ha battuto l'ipotesi della pista nera, killer fascisti a cui si sarebbero rivolti boss di Cosa nostra. "Vedremo cosa accadrà...", si limita a dire Valerio Fioravanti.

"COLLEGAMENTI TRA OMICIDI MATTARELLA E AMATO? SCIOCCHEZZE" - "Non ne so abbastanza. Quel poco che mi hanno riferito mi dice che non vale la pena leggere". Secondo gli ultimi sviluppi giudiziari, una pistola calibro 38 potrebbe collegare l'omicidio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980, con l'assassinio del magistrato Mario Amato, ucciso a Roma il 23 giugno 1980. Il primo omicidio fu deciso dalla cupola di Cosa nostra, ma il nome del killer è sempre rimasto un mistero. Il secondo omicidio fu organizzato e portato a termine dai terroristi neri dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar). Un anno fa, il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha riaperto l'inchiesta sull'omicidio Mattarella, per cercare di dare un nome agli esecutori materiali. Anche se come emerge delle stesse indagini le armi che uccisero Piersanti Mattarella e il giudice Mario Amato sono dello stesso tipo, Colt Cobra calibro 38 Special, non c'è alcuna certezza sulla loro identità. In altre parole, non si può dire cioè che il presidente della Regione e il giudice antiterrorismo, assassinati rispettivamente a Palermo e a Roma nell'arco di poco meno di sei mesi, nel 1980, siano stati uccisi con la stessa pistola.

"DELITTO MATTARELLA? A PALERMO NON C'ERO" - "E' abbastanza noto che io non c'ero il 6 gennaio 1980 a Palermo. Io non sono mai andato al processo. Ho trovato la sentenza di assoluzione giusta e inequivocabile. E basta. Non rispondo a una dichiarazione apodittica e tremenda come quella del Procuratore Agueci. Lo spieghi lui visto che è così bravo. Io non voglio fare un processo 40 anni dopo, non ho alcuna intenzione di rimestare nel torbido". Arriva a stretto giro di posta all'Adnkronos la replica di Valerio Fioravanti alle dichiarazioni del'ex Procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, che ieri, in una intervista all'Adnkronos, aveva detto: "Giusva Fioravanti farebbe bene a spiegare cosa ci faceva a Palermo il giorno dell'omicidio, circostanza pacifica e mai smentita. Così come sarebbe il caso di rileggere con attenzione le varie dichiarazioni rese a diverse autorità giudiziarie dal fratello Cristiano - che è stato il primo a chiamare in causa Giusva fin dal 1982 - dapprima vaghe, poi sempre più precise nel descrivere il ruolo del fratello e quindi nuovamente e drasticamente reticenti". "I collegi giudicanti hanno sbrigativamente qualificato come inattendibili tali dichiarazioni ma io credo che sarebbe stato invece molto importante un maggiore approfondimento", ha detto Agueci. "Capisco che uno che fa di mestiere il pm e deve vedere il male ovunque ma non è mai stato dimostrato che stavo a Palermo quel 6 gennaio 1980 - dice oggi Fioravanti all'Adnkronos - A meno che uno non parta dal presupposto che il riconoscimento di Irma Chiazzesse (la vedova di Piersanti Mattarella ndr.) fosse attendibile. Ma io non ho voglia di rifare il processo, fu fatto bene all'epoca. Non ho avuto bisogno neppure di nominare un avvocato di fiducia e tra l'altro a chiedere la mia assoluzione fu il Procuratore Pignatone. Peraltro, Falcone sei mesi prima di morire disse che la Cupola non ha mai appaltato menti esterne". "Se ad Agueci non sta bene Falcone, se non gli sta bene Pignatone, gli posso mai stare bene io? Ognuno hai i suoi riferimenti. Continuo a preferire Falcone e Pignatone", conclude.

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