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Rigopiano, fratello vittima che diede allarme: "Tante telefonate di Gabriele inascoltate"

16 gennaio 2020 | 16.49
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Rigopiano, fratello vittima che diede allarme:

di Silvia Mancinelli
"Le telefonate inascoltate, le richieste di aiuto disperate, continue, fino a quando non gli è crollato tutto addosso. Mio fratello mi manca ogni giorno ma più di ogni altro sentimento c'è il dolore fortissimo, il male che provo quando mi trovo a dover ammettere che quegli allarmi lanciati da Gabriele potrebbero esser stati insabbiati. Non vorrei nemmeno pensarla una cosa simile, le istituzioni ci dovrebbero tutelare. Ma c'è tutto uno storico delle indagini, lo riportano gli atti, i fogli spezzati". A parlare, all'Adnkronos, è Francesco D'Angelo, fratello di Gabriele, il cameriere dell'hotel Rigopiano morto dopo aver fatto di tutto per tentare di scongiurare quella tragedia costata la vita ad altre 28 persone.

Proprio quelle telefonate, 9 alla Prefettura e 19 alla Croce Rossa e quindi al Coc di Penne venute alla luce solo a tragedia avvenuta, sono ora al centro di nuove denunce presentate alla Procura da Gianluca Tanda, fratello di Marco, un'altra vittima di Rigopiano, e dai legali del tecnico comunale Enrico Colangeli e del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Nuovi elementi che potrebbero arricchire il filone di indagine sull'eventuale depistaggio. "Gabriele era nella Croce Rossa dall'età di 16 anni, aveva esperienza anche nel terremoto dell'Aquila e in quello di Amatrice. Per questo aveva sfruttato il suo canale privilegiato chiamando il numero diretto del Coc di Penne - aggiunge Francesco D'Angelo - Non vorrei che le sue telefonate fossero state nascoste perché ci si è organizzati troppo tardi con il piano emergenza".

"Avrebbero dovuto muoversi due, tre giorni prima della valanga - incalza il fratello di Gabriele - hanno aperto l'emergenza il pomeriggio del 18 gennaio, non il 16 come provano a dire. Quel maledetto giorno ho sentito mio fratello verso le 16, mi ha telefonato prima su whatsapp per chiedermi come stessi, se avevo la febbre, visto che ero stato dimesso proprio in quelle ore dall'ospedale per un intervento, poi ha chiamato a casa, ha parlato con mia madre. Le disse che sarebbe sceso il giorno dopo, che aspettavano la turbina spazzaneve. Non l'ho più visto. Penso a lui sempre, gli ho fatto una promessa: gli darò giustizia e la avrà".

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