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Coronavirus, tanti psicologi in aiuto dei medici: "Rischio burn-out"

17 marzo 2020 | 17.59
LETTURA: 3 minuti

'Possibili sintomi da stress post-traumatico'

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di Vittoria Vimercati

In Lombardia ci sono sempre più psicologi e psicoterapeuti che iniziano a mettersi a disposizione dei medici e degli infermieri impegnati sull'emergenza Coronavirus per colloqui di supporto gratuiti. Ci sono giovani professionisti, ma anche centri accreditati, che contano su Facebook e sul passaparola degli amici per arrivare a quanti più sanitari possibili. Sui social, ognuno di loro fornisce il suo contatto Skype o il numero di cellulare per prendere un appuntamento, insieme a un appello per trasmettere il messaggio a chi lavora in ospedale.

Alberto Longhi, 35 anni, di Busto Arsizio (Varese), è uno di questi. Laureato nel 2010 in Università Cattolica di Milano, sulla sua pagina personale di Facebook scrive: "E' importante stare a casa, ma da parte mia vorrei fare di più: desidero mettermi a disposizione di chi è coinvolto in battaglie quotidiane". Alberto non è il solo. Tanti altri psicologi, in autonomia o attraverso qualche associazione, si sono organizzati in pochi giorni.

C'è, ad esempio, il gruppo 'Dietro la mascherina', con la sua pagina Facebook, che ha creato una rete di professionisti pronta a fare colloqui gratuiti via Skype o Facetime a tutti gli operatori sanitari, compresi i volontari, alle prese con il senso di impotenza che si respira in alcune terapie intensive e i turni massacranti dei presidi più sotto pressione. All'iniziativa di 'Dietro la Mascherina' hanno aderito per ora in 25, tra studi di psicoterapia e liberi professionisti, in tutta la Lombardia. Sono psicologi o centri di Milano città e provincia, Monza, Pavia e Bergamo. La loro idea è stata accolta con entusiasmo anche in Liguria e Piemonte, con qualche studio che è già pronto ad aderire.

"Per ora mi hanno contattato un po' di persone e mi sto organizzando per fare alcuni colloqui. Il rischio vero per i medici e gli infermieri che lavorano in corsia in questi giorni è finire in burn-out, ovvero in quella sindrome da stress lavorativo prolungato nel tempo che porta a una stanchezza psicofisica eccessiva", spiega Longhi all'Adnkronos.

Non c'è solo la stanchezza dei turni: i medici impegnati sul campo, in questi giorni, hanno assistito a molti decessi. "Questo può portarli a provare frustrazione, un senso di fallimento o, peggio, di colpa: alcuni potrebbero pensare di non aver fatto abbastanza". Il senso di ansia costante determinato dal Covid19 deriva anche dal fatto che "continuano ad arrivare pazienti e gli operatori sanitari non sanno se potranno accettarli tutti: credo che questo tipo di vissuto, insieme agli altri, possa anche predisporre a una sintomatologia post-traumatica". La pagina Facebook dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia è fitta di contributi su questo argomento: per molti, quello che sta accadendo è una vera e propria "emergenza psicologica".

Secondo Katia Arcari, psicoterapeuta di Milano, anche lei disponibile ad ascoltare gratuitamente personale sanitario in difficoltà, "il problema, più che ora, sarà sul lungo termine".

Nel trauma, spiega, "ci si 'attiva', si cerca di costruire e agire, sull'onda dell'adrenalina. Ma questo può funzionare nel breve termine, poi arriva il crollo". I medici impegnati con il Coronavirus "stanno mettendo da parte i loro bisogno ed è come se si consumassero, obbligati dall'emergenza". Per questo, anche per loro, "sarebbero necessari dei momenti di pausa e di rilassamento per evitare che tanta tensione poi sfoci nel panico o in reazioni psicosomatiche. Anche perché - ricorda - un medico in piena sindrome da burn-out non può tornare a lavorare".

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