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Coronavirus, allarme demografi: "Natalità calerà ancora"

14 aprile 2020 | 15.27
LETTURA: 4 minuti

'Difficoltà economiche e clima di incertezza freneranno le coppie'

Coronavirus, allarme demografi:

di Vittoria Vimercati

Il coronavirus potrebbe avere effetti controproducenti sulla natalità dell'Italia, già afflitta negli ultimi anni da un drammatico calo delle nascite. Nel 2019, il Paese ha toccato un nuovo record in negativo con circa 435mila nati, il livello più basso, ha calcolato l'Istat, dal 1918. Il futuro post covid19 non sembra riservare un'inversione di tendenza, almeno secondo due demografi su tre intervistati dall'Adnkronos, che sull'argomento sono piuttosto pessimisti. E' molto difficile, come qualcuno ha auspicato, che tra otto o nove mesi si assista a un baby boom, un'esplosione delle culle provocata dai mesi di clausura forzata a casa.

"E' più verosimile, invece, che prevalga un impatto negativo, con le difficoltà economiche e il clima di incertezza che frenano sia la scelta di avere figli per le coppie già formate e sia la possibilità dei giovani di diventare indipendenti e formare una propria famiglia", spiega Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica sociale dell'Università Cattolica di Milano. "E’ vero che dopo le grandi epidemie del passato e dopo la seconda guerra mondiale c’è stata una ripresa di vitalità demografica, ma in questo caso non è scontata che avvenga".

E i motivi sono due. "Il primo - argomenta Rosina - è che non si è vista nessuna ripresa delle nascite dopo la crisi economica iniziata nel 2008, che invece ha lasciato conseguenze persistenti di fragilità sulle nuove generazioni. Il secondo motivo è che l’uscita dalla crisi sanitaria attuale potrebbe essere lunga, senza un vero momento chiaro di fine tempesta. Bisognerà costruire progressivamente una normalità nuova e serviranno anni prima che il Paese e le persone riescano a fissare nuove coordinate di riferimento all’interno delle quali collocare il proprio percorso di sviluppo e le proprie scelte di vita".

E' pur via possibile enfatizzare anche i lati positivi del lockdown sulla scelta di mettere al mondo un bambino: coppie di conviventi che avranno più tempo da trascorrere assieme o donne che hanno la possibilità di occuparsi, con lo smartworking, di lavoro e figli. Senza contare l'impulso alle unioni e ai matrimoni alla fine dell'emergenza. Ci vorrà un po' di tempo per vedere gli effetti di questo improvviso e imprevisto "esperimento sociale", ma anche Francesco Billari, demografo e sociologo dell'Università Bocconi di Milano, prevede un calo dei nuovi nati.

"Tra gli esperti- osserva Billari - c'è un po' di discussione sul tema per alcuni studi fatti dopo gli attacchi terroristici in Israele, dove si osservava un consequenziale boom di neonati. Si tratta, però, di situazioni momentanee, con shock economici transitori". In Italia e, di fatto, nel resto del mondo, ora che la pandemia è globale, "siamo di fronte a una situazione che prospetta uno shock economico permanente". Quindi, spiega, "il futuro ci appare come difficile, se non peggiore, e già l'Italia non andava bene prima". L'ottimismo che vacilla non è un buon viatico per programmare gravidanze. "Oggi - sostiene il sociologo - i figli si fanno in momenti in cui c'è fiducia e si pensa ad un futuro migliore. La mia ipotesi è che non ci sarà un baby boom, ma piuttosto l'opposto".

Chi invece è ottimista è il sociologo Franco Ferrarotti, 94 anni. "Io lo sono di natura - ammette all'Adnkronos -, ma sono convinto che dopo questa grave prova della pandemia come reazione istintiva ci sarà una forte ripresa della natalità". La condizione, però, è che passi la paura del contagio, una volta arrivati gli strumenti, come farmaci e vaccini, per combattere definitivamente l'emergenza sanitaria. "E' già successo molte volte nel mondo: quando un Paese si sente minacciato, ecco che poi, appena terminata la paura, esplode la rinascita". In tutti i sensi.

Il distanziamento sociale "è una mutilazione innaturale per i nostri popoli dei Paesi Mediterranei. Questo coronavirus non avrà conseguenze permanenti: un giorno - è convinto Ferrarotti - tutto tornerà come prima".

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