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Caos procure, Santi Consolo: "Degenerazioni correnti note, Bonafede inadeguato per riforma"

26 maggio 2020 | 14.15
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(Fotogramma)
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Dice che sul ministro Bonafede è planata "un’ombra pesantissima" dopo lo scontro con Nino Di Matteo a proposito della nomina al Dap, ma che di Di Matteo lo "ha sorpreso il notevolissimo ritardo con cui ha denunciato la vicenda", nonché "la telefonata in diretta televisiva, non consona al suo ruolo al Csm". Dice anche che "il decreto di Bonafede per rimediare alle scarcerazioni è stato varato per tutelare se stesso e ottenere la fiducia in Parlamento", e che lo stesso Guardasigilli sia "inadeguato e privo dell’autorevolezza necessaria per la riforma del Csm"; sulla cui vicenda, poi, evidenzia che "le degenerazioni delle correnti non sono una novità", e che, dunque, punterebbe "l’attenzione sull’invasività del trojan".

Inoltre, dopo aver sottolineato che non vede "nessuna differenza fra quanto emerso l’anno scorso dall’inchiesta di Perugia e quanto sta venendo a galla in questi giorni", mette in luce che "la vicenda è deflagrata quando Palamara ha cambiato alleanze, ma sicuramente si tratta di una coincidenza". Infine, afferma che se è vero che "tutti i nomi in lizza per la procura di Roma erano meritevoli, compreso quello alla fine scelto", il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, messo da parte nel momento in cui è venuta a galla l’inchiesta di Perugia e le intercettazioni, "è un galantuomo, e vorrei capire per quale motivo è stato tagliato fuori". Sono osservazioni fatte all’AdnKronos da Santi Consolo, ex Capo del Dap, già procuratore generale di Catanzaro, ex componente del Csm e presidente onorario dell’associazione "Nessuno tocchi Caino".

In premessa, Consolo affronta il tema dello scontro fra Bonafede e Di Matteo per via della mancata nomina di quest’ultimo al Dap. "Il ministro Bonafede – afferma Consolo - non ha risposto a una sola domanda, e questo denota l’enorme opacità del suo operato. La domanda è la seguente: se lui aveva un progetto di amministrazione dell’esecuzione penale che si identificava idealmente con l’operare del dottor Di Matteo, per quale ragione ha preferito uno sconosciuto magistrato, del quale ancora non si conoscono i meriti, al dottor Di Matteo? Questo profilo è opaco e crea un’ombra pesantissima sul ministro Bonafede. Non ritengo che abbia ceduto alle richieste dei mafiosi, sono assolutamente concorde con quanto affermato credo dal presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, che richiamando Falcone ha fatto riferimento a "menti raffinate", dunque quei sospetti rappresentati molto bene da Di Matteo sicuramente cadono, però c’è questa opacità di fondo. E' vero che è nel suo potere discrezionale scegliere il capo del Dap, ma nel momento in cui esercita questo potere il ministro se ne deve assumere tutta la responsabilità. Quindi conseguenziale, alle dimissioni "spintanee", come è stato più volte detto, di Basentini, dovevano conseguire le dimissioni spontanee, per una ragione di amor proprio e di dignità, anche di Bonafede".

Ma per Consolo anche nel comportamento di Di Matteo c’è qualcosa che stride: "L’unica cosa che mi ha sorpreso – dice - è stato il ritardo notevolissimo col quale Di Matteo, a distanza di quasi due anni, ha denunciato pubblicamente questa vicenda. E devo anche dire che mi hanno sorpreso le modalità con cui è stato fatto, con una telefonata durante una trasmissione televisiva. Non è consono al ruolo che attualmente il dottor Di Matteo svolge a livello di componente del Csm". Da ex Capo del Dap, poi, Santi Consolo si sofferma anche sul tema delle scarcerazioni di alcuni detenuti per mafia. "Non conosco le singole vicende – premette – però c’è da tenere fermo un principio. Tutti invocano la Costituzione, ma se noi vogliamo veramente rispettarla, il primo valore della Costituzione è la tutela della salute e della vita delle persone, quindi o il Dap riesce ad assicurare questa tutela in modo adeguato e paritario rispetto a tutte le persone libere, o diversamente, parlo in generale e non di casi specifici, non ci si può dolere del giudice di Sorveglianza. In questo senso condivido quanto ha affermato il magistrato Alfonso Sabella, persona intelligente che conosce l’ordinamento penitenziario in quanto ex direttore generale dei detenuti e trattamento del Dap. Non ci si può dolere delle decisioni del magistrato di Sorveglianza, dunque, che per tutelare salute e vita della persona non rimette in libertà il detenuto, come erroneamente è stato detto, ma applica una forma di esecuzione penale diversa da quella in carcere".

I "magistrati di Sorveglianza – aggiunge Consolo -, lo si tenga presente, decidono sempre allo stato degli atti, e quando decidono, tranne per i casi di particolarissima urgenza, decidono sempre con il contributo del pm, vuoi con un parere, vuoi con un intervento in udienza. Non solo. I provvedimenti della magistratura di Sorveglianza non sono definitivi, ma sono impugnabili e modificabili in sede di impugnazione. La verità è che c’è stata una cattiva gestione dell’amministrazione penitenziaria che non è riuscita a fornire per tempo le informazioni richieste dalla magistratura di Sorveglianza. Basta osservare il caso Zagaria a Sassari. Nel suo caso, quando il magistrato di Sorveglianza ha chiesto più volte su dove bisognava mandarlo, in quale struttura protetta e vigilata dalla polizia penitenziaria, il Dap non ha dato nessuna informazione. Così alla fine, per la magistratura di Sorveglianza è prevalsa l’esigenza di tutela della salute della persona". Per Consolo, però, anche in questa vicenda "si evidenzia quanto inadeguato sia stato il ministro della Giustizia, che ha varato dei 'decretini', non in maniera offensiva ma nel senso che si tratta di piccoli decreti con pochi articoli. L’ultimo, quello del 10 maggio, addirittura l’ha fatto con efficacia retroattiva prevedendo che il magistrato di Sorveglianza, in dispregio delle regole normali che ci sono, e cioè possibilità di intervento del pm, possibilità di impugnazione e quant’altro, dovesse rivedere la decisione entro 15 giorni e poi periodicamente. E allora quel 'decretino' è un decreto ad personam, a tutela di Bonafede. E sa perché? Perché quel piccolo decreto serviva a provocare delle pronunzie di revoca delle misure alternative concesse entro breve termine affinché il ministro si potesse presentare in Parlamento per difendere la sua fiducia affermando che i detenuti per mafia sono ritornati in galera, e dunque per far salva la mala gestio pregressa del ministro della Giustizia e del Dap di cui ha la responsabilità".

Il "ministro – aggiunge Consolo - dovrebbe sapere, ma questo i mass media non l’hanno detto, che noi in Italia abbiamo un numero elevatissimo di persone sottoposte al 41bis, regime differenziato. Bisogna aggiungere che i detenuti per i reati più gravi, come quelli per criminalità organizzata o per omicidio, che sono anche nei circuiti di alta sicurezza, ormai sono detenuti da 20, 30 e anche 40 anni, e l’età media di queste persone è quantomai elevata; ciò anche rispetto a una popolazione di detenuti comuni che hanno un’età media molto più ridotta. Noi oggi abbiamo degli ultrasettantenni, anche ultraottantenni e credo anche qualche ultranovantenne in questi circuiti differenziati. Dunque, o il Dap si attrezza per la cura della salute di questi detenuti o diversamente il Gom, che è un gruppo di polizia penitenziaria, glorioso per tradizione e meritevole per l’efficacia vigilanza che attua in questi regimi e in questi circuiti speciali, si dovrà trasformare in un gruppo di badanti che dovrà cambiare i pannoloni a questi detenuti anzianissimi".

Carceri a parte, Consolo, da ex Consigliere del Csm, ha osservato l’evolversi, che non l’ha lasciato sorpreso, dell’inchiesta di Perugia a carico del pm romano, ora sospeso, Luca Palamara, e del terremoto che ha investito Csm prima e Anm poi. Una vicenda che lo ha portato, invece, a valutare soprattutto le conseguenze dell’utilizzo del trojan. "L’inchiesta di Perugia – spiega - per me non è assolutamente una novità, perché il carrierismo associativo c’è sempre stato, le degenerazioni correntizie sono trasversali e toccano, purtroppo, tutte le correnti. Semmai, tale vicenda mette in evidenza l’invasività del trojan, che inoculato nel telefonino di Luca Palamara, in un segmento temporale circoscritto, per via delle alleanze vigenti soltanto in quel segmento temporale, ha finito per colpire solo alcune correnti e alcuni settori politici. Credo occorrerebbe molto riflettere sull’utilizzo di questi strumenti e soprattutto sulla diffusione di notizie che non hanno rilevanza penale, perché è facile che, nel momento in cui una parte contrapposta all’altra registra che tutto si può utilizzare contro per averne un vantaggio, ci si tuffi, e così è stato l’anno scorso, perché la corrente più penalizzata è stata quella di Magistratura Indipendente, su cui ci sono state pesantissime pressioni affinché tre dei suoi componenti al Csm si dimettessero, e poi Unicost; mentre pressoché indenni sono rimaste le altre correnti".

Ma "adesso, purtroppo – aggiunge Consolo -, e non mi dà nessuna soddisfazione di tipo morale, anzi, mi crea notevole disagio, vediamo che cominciano a uscire anche chat che colpiscono le altre correnti. Penso che chi ieri si indignava, ora che è coinvolto in queste chat che non lasciano dubbi ad equivoci, dovrebbe trarne le doverose conseguenze. Non dimentichiamo che Palamara fino al 2018 era stato all’Anm e al Csm unitamente a quelle correnti che da sempre si sono indignate, cioè Area e Magistratura democratica". Poi Consolo entra più nello specifico: "Qualcuno dice – afferma - che ciò che sta emergendo adesso sia diverso rispetto a quanto emerso l’anno scorso, ma io tutta questa differenza non la noto. Mi pare di aver letto, inoltre, che Cascini fu tra coloro che curò l’informativa a Perugia da cui si avviò il procedimento penale nei confronti di Palamara; e mi pare che la conseguenza di quell’informativa da cui sarebbe nata l’accusa per corruzione che, stando ai giornali, a quanto pare cadrebbe, è stata la decisione della magistratura di inoculare il trojan nei dispositivi di comunicazione nella disponibilità di Palamara. Per carità, mere coincidenze, nulla di voluto, ma mi pare che questi elementi particolarmente inquietanti si siano dipanati nel momento in cui Palamara ha cambiato alleanze. Di fatto, poi c’è stato un cambiamento di rapporti di forza fra le correnti del Csm, che continua ad operare orientato verso nomine assolutamente diverse da quelle che ci sarebbero potute essere".

E "vorrei infine ricordare – chiosa Consolo – che Cascini è anche lo stesso magistrato che era in grande intesa con Palamara, e da quanto si legge credo che Palamara sia stato anche determinante per la sua nomina a procuratore aggiunto di Roma, inducendo forse il magistrato Colaiocco a revocare la sua domanda". Ed è proprio sulla nomina alla procura di Roma che Consolo intende soffermarsi: "Devo dire – spiega - che tutti i candidati alla procura di Roma, per come li ho conosciuti, compreso il procuratore che è stato nominato, sono persone quantomai meritevoli e tutte avevano la qualità per poter ricoprire quell’incarico. Personalmente, lo dico perché lo conosco personalmente, mi è molto dispiaciuto il modo in cui è stato rappresentato dalla stampa il procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Lo hanno fatto apparire quasi come uno che operava di intesa con quanti concordavano per nominarlo. Ecco, mi pare, invece, che non ci sia nessuna intercettazione, nessuna chat, nessun elemento dal quale risulti che Viola abbia avuto un’intesa o abbia rassicurato qualcuno su come avrebbe potuto operare se fosse stato nominato procuratore di Roma. Per quello che lo conosco io, Marcello Viola è un galantuomo. Pensi che quando io ero componente del Csm, e lui era all’Ufficio Gip di Palermo, l’officiai ripetutamente per candidarsi come componente del Csm, e ho insistito più volte perché lo stimavo, e lui ripetutamente si schermì e non volle candidarsi dicendomi che preferiva fare il magistrato. E ciò ha fatto aumentare la mia considerazione e la mia stima verso di lui. Lo posso testimoniare. Io non ho letto le motivazioni, ma vorrei capire perché è stato tagliato fuori".

Il terremoto che ha investito Csm e Anm sta spingendo verso la possibilità di varare le necessarie riforme, ma anche su questo lo scetticismo di Santi Consolo poggia su alcune certezze: "Le riforme – premette - non vanno mai fatte sulla base delle emergenze e di fatti occasionali che creano scandalo, come è avvenuto anche coi 'decretini' di Bonafede. La riforma del Csm mi pare la si voglia fare con lo stesso criterio. A me dispiace che venga proposta alle forze politiche di governo da un ministro come Bonafede; avrei preferito un ministro con pregresse e significative esperienze professionali quali quelle di presidente della Corte Costituzionale e professore universitario. Voglio dire, dal dibattito parlamentare che c’è stato, tutti, anche chi l’ha votato, hanno segnalato l’operato di un ministro che è inadeguato al ruolo che gli è stato attribuito. E allora mi chiedo, quale autorevolezza ha il ministro Bonafede per portare avanti una riforma tanto epocale quanto importante? Inoltre, il ministro, nel portare avanti la riforma, contraddice se stesso, contraddice un cavallo di battaglia del M5S, cioè che bisognava eleggere i componenti del Csm per sorteggio, ora ci dice che bisogna formare dei collegi uninominali. Ma coi collegi uninominali si elimina del tutto l’influenza delle correnti?".

Ricordo "che quando ero al Csm – spiega Consolo - proposi un sistema che sbaragliava le correnti, ma lo proposi senza avere una sponda politica in nessun partito, e purtroppo fummo sconfitti. Prevedevamo un sistema di elezioni che era il voto singolo trasferibile. In buona sostanza, si attribuiva pieno potere all’elettore, quindi al singolo magistrato, di esprimere più preferenze e di esprimerle in ordine decrescente di valore. Così facendo, si realizzava una trasversalità fra tutte le correnti e non era assolutamente possibile né condizionare il voto del magistrato né soprattutto poterlo controllare. Ma quella riforma non è stata voluta e oggi ne piangiamo le conseguenze, perché negli anni scorsi è stata voluta una riforma che ha accresciuto enormemente il potere di designazione delle correnti e dell’Anm, e quelle designazioni sono valse come elezione al Csm. In poche parole, il sistema attuale prevede che è brava quella corrente che candida tante persone quante ne può eleggere, perché se ne candida di più i voti si dividono e anche se la corrente è forte non riesce a portare a casa il risultato. Dunque, c’è un controllo forte delle correnti, c’è un indirizzo del voto sulle persone che le correnti designano e il carrierismo associativo è trionfante perché dall’Anm e dal direttivo dell’Anm ci si fa pubblicità e poi ci si candida al Csm con la certezza di essere eletti. Da qui il nucleo di una degenerazione gravissima con una pesante commistione di tutte le correnti con i partiti politici e con i centri di potere".

In conclusione, Consolo si sofferma sugli effetti che l’inchiesta di Perugia ha sulla credibilità della magistratura: "La credibilità della magistratura – spiega - è stata minata da tempo e ora, con queste vicende, diminuisce sempre di più, e me ne dispiaccio per le nostre istituzioni. La magistratura deve essere credibile in quanto nel suo insieme, e anche come singolo che opera, amministra la giustizia, e quando io sono entrato in magistratura, un magistrato anziano mi ha detto, guarda, tu devi essere estremamente corretto, perché se fai civile non puoi togliere ingiustamente i soldi dal portafoglio della persona per darli a un’altra, e se fai penale ricordati che il bene più grande è la libertà e la dignità della persona, e su quelle non si può giocare. Fortunatamente la grande maggioranza dei magistrati opera correttamente con professionalità lontana dalle lusinghe del potere politico".

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