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Studio Usa su idrossiclorochina: "No benefici sopravvivenza"

05 giugno 2020 | 18.44
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Foto AFP
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Non sono destinate a placarsi le polemiche sull'efficacia anti-Covid dell'idrossiclorochina. Questa volta uno studio statunitense evidenzierebbe l'assenza di benefici in termini di sopravvivenza nei pazienti con Covid-19 trattati con il farmaco antimalarico. Lo studio, condotto sulle cartelle cliniche elettroniche dei centri medici della Veterans Health Administration degli Stati Uniti, conclude che l'idrossiclorochina - con o senza azitromicina - non ha ridotto il rischio di ventilazione o morte dei pazienti e oltretutto è associata ad una degenza ospedaliera più lunga. L'analisi è pubblicata sulla rivista 'Med'.

Lo studio ha incluso i dati di 807 persone ricoverate con Covid-19 nei centri medici dei veterani militari in tutto il paese. Circa la metà, 395 pazienti, non ha ricevuto idrossiclorochina durante il ricovero. Tra coloro che lo hanno fatto, 198 pazienti sono stati trattati con idrossiclorochina e 214 sono stati trattati con idrossiclorochina e azitromicina. La maggior parte dei pazienti trattati con idrossiclorochina, circa l'86%, l'ha ricevuta prima della ventilazione meccanica. Dopo l'aggiustamento dei dati in base alle caratteristiche cliniche, il rischio di morte per qualsiasi causa è risultato maggiore nel gruppo con idrossiclorochina, ma non in quello con idrossiclorochina e azitromicina, rispetto al gruppo che non aveva assunto il medicinale antimalarico. I ricercatori hanno anche scoperto che la degenza ospedaliera era del 33% più lunga nel gruppo idrossiclorochina e del 38% nel gruppo idrossiclorochina e azitromicina rispetto al terzo gruppo di pazienti.

Condizioni preesistenti al virus come malattie cardiovascolari, patologie polmonari croniche ostruttive e diabete erano relativamente comuni e simili in tutti i gruppi.

I ricercatori del Columbia VA Health Care System, della University of South Carolina e della University of Virginia School of Medicine sottolineano che il loro studio ha punti di forza che lavori precedenti non avevano. Ad esempio, l'uso di dati provenienti da cartelle cliniche elettroniche complete piuttosto che documenti relativi ad assicurazioni sanitarie, e il fatto che i dati provenivano da un sistema sanitario nazionale integrato. Fra i limiti, il fatto che l'età media dei pazienti fosse di 70 anni: i risultati potrebbero non applicarsi a soggetti giovani. Inoltre, i pazienti nello studio erano in gran parte maschi, quasi per il 96%, in quanto veterani. I risultati, infine, non forniscono informazioni sull'uso di questi farmaci in ambito ambulatoriale o in profilassi.

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