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L'assistente sanitaria di Pesaro: "Che emozione al telefono con il Papa!"

23 giugno 2020 | 12.56
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Irene Mercuri all'Adnkronos: "Sono credente ma non vado a messa, lui ha chiamato anche la ragazza e la madre di un malato". E aggiunge: "Ora vorrei andarlo a trovare in Vaticano, ma chissà se è possibile..."

(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

di Enzo Bonaiuto

"Che emozione! Io al telefono con il Papa, non volevo neanche crederci... Pensavo fosse la Croce Rossa. Ha chiamato direttamente lui, mi ha detto: 'Ciao, Irene. Sono Francesco, il Papa'. Gli ho risposto 'Non ci credo' e gli ho anche chiesto di darmi una prova che fosse proprio lui e mi ha risposto simpaticamente di fargli qualche domanda in latino. Alla fine, ero talmente entusiasta che ho parlato quasi solo io... Ma quelle parole che mi ha detto alla fine, quel ringraziamento per non esserci nascosti sotto il letto davanti all'emergenza coronavirus, non potrò mai dimenticarle!". E' quanto confessa all'AdnKronos Irene Mercuri, trentenne, milanese, assistente sanitaria "e non infermiera dell'ospedale, mi raccomando, ci tengo molto al riconoscimento del nostro ruolo", presso il dipartimento di prevenzione dell'area vasta 1 delle Marche che comprende le ex province di Fano, Pesaro e Urbino, raccontando la telefonata di ieri pomeriggio del Pontefice, ricevuta dopo l'invio della sua lettera in Vaticano, scritta alla fine di aprile e arrivata nelle sue mani a metà maggio.

"Ci ha generosamente definito eroi, gli ho detto che i veri eroi sono i pazienti che negli ospedali combattono contro il Covid-19, come questi due ragazzi di cui ho raccontato la storia nella lettera inviata al Papa, alla quale ha risposto appunto telefonandomi: due miei coetanei, che stavano per sposarsi; lei fortunatamente è uscita dalla fase emergenziale, lui ancora no ma sta migliorando, ancora di più da quando ha saputo della telefonata del Papa, che poi ha chiamato anche la fidanzata e la madre di lui - racconta Irene - Stentavo a crederci, ero con altre due colleghe, ho messo il vivavoce e una di loro ha anche fatto una ripresa video con il suo telefonino, mentre io parlavo al cellulare con il Papa. Indimenticabile, davvero!".

Ma come è nata l'idea di scrivere al Papa? "Quello era un momento particolarmente difficile per la nostra zona, a fine marzo c'era stato il picco dei contagi e a metà aprile si stavano registrando decessi in serie. Noi assistenti sanitari del dipartimento di prevenzione siamo impegnati attraverso gli esami epidemiologici a cercare i contatti stretti delle persone risultate positive, metterle in quarantena e organizzare i tamponi a domicilio, per il contenimento del contagio. Non posso descrivere lo stato d'animo di quei giorni, davvero molto dura! Ho sentito il bisogno di un conforto spirituale, di un sostegno morale e così gli ho scritto".

Spiega Irene: "Papa Francesco mi è sempre piaciuto, con quella sua umiltà da parroco di paese ma al tempo stesso con una spinta rivoluzionaria e con una forte volontà di cambiare la Chiesa, di aprirla al mondo. Sono credente, cattolica ma poco praticante, in genere non vado a messa e questo l'ho confessato anche al Papa nella mia lettera...".

E dopo la telefonata, c'è andata? "Ancora no, ma penso di farlo prima o poi... E un domani, magari a emergenza coronavirus alle spalle, mi piacerebbe andare con i miei colleghi a incontrare personalmente Papa Francesco in Vaticano: ma chissà se sarà possibile!". Un sogno alla volta, magari si realizzano tutti...

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