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Ustica, le sentenze civili

25 giugno 2020 | 13.28
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Il procedimento civile e l'ipotesi che il Dc9 sia stato abbattuto da un missile: le condanne e i relativi risarcimenti riconosciuti ai parenti delle vittime e all'Itavia

(Fotogramma)
(Fotogramma)

I risarcimenti ai familiari delle vittime e alla compagnia Itavia, proprietaria del Dc9 precipitato la sera del 27 giugno 1980, 40 anni fa, con 81 persone a bordo, si basano, di fatto, su ipotesi escluse dal processo penale, e cioè che ad abbattere il velivolo civile sia stato un missile sparato da un caccia (in qualche caso si prese per buona la tesi della quasi-collisione) e che, dunque, i ministeri della Difesa, dei Trasporti siano responsabili per non aver garantito la sicurezza del volo.

Le richieste di Itavia

L’11 aprile del 2001 fu A ldo Davanzali, presidente e socio dell'Itavia, a chiedere allo Stato 1.700 miliardi di risarcimento per i danni patrimoniali e morali subiti dopo la strage. Ma intanto, nel novembre del 2003 il Tribunale civile di Roma (giudice Francesco Batticani) condannò i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire 108 milioni di euro a Itavia ritenendo che lo Stato non avesse garantito la sicurezza dell’aerovia nella quale viaggiava il Dc9. Pochi mesi dopo, gennaio 2004, fu sempre il Tribunale civile di Roma a rigettare la domanda di risarcimento dei danni di Aldo Davanzali.

I genitori di Rita Guzzo

Nel giugno del 2006 il ministero dei Trasporti fu condannato dal Tribunale civile di Palermo a risarcire i genitori di Rita Guzzo, morta all’età di 30 anni sul Dc9. Undici mesi dopo, nel maggio del 2007, la seconda sezione civile del Tribunale di Palermo condannò nuovamente i ministeri dei Trasporti e della Difesa al risarcimento, per complessivi 980 mila euro, di 15 familiari di quattro delle 81 vittime.

Le richieste degli eredi di Davanzali (Itavia)

Nel gennaio del 2008, poi, furono 88 familiari delle vittime a citare, sempre di fronte Tribunale civile di Palermo, i ministeri della Difesa e dei Trasporti ritenuti colpevoli di omissioni e negligenze. Nel maggio del 2009 la Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Itavia contro la sentenza della Corte di appello di Roma che gli aveva negato il risarcimento escludendo le responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti, stabilì che dovesse essere un nuovo processo civile a stabilire le eventuali colpe. Poco più di un anno dopo, nel giugno del 2010, la Corte d’appello di Palermo confermò la condanna dei ministeri dell’Interno, dei Trasporti e della Difesa a risarcire con 1 milione e 390mila euro sei familiari di tre delle 81 vittime della strage. Passa solo un mese e la Corte d’Appello di Roma, avallando la sentenza di primo grado, respinse la richiesta di risarcimento danni avanzata dagli eredi di Aldo Davanzali (nel frattempo deceduto).

Le condanne per i ministeri della Difesa e dei Trasporti

Nel settembre del 2011 il Tribunale civile di Palermo presieduto da Paola Protopisani condannò i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire 81 parenti delle vittime con oltre 100 milioni di euro. Nel marzo del 2012 la Corte d’Appello di Palermo, accogliendo la richiesta dell’Avvocatura dello Stato, sospese l’efficacia della esecutività della sentenza di primo grado contro i ministeri dei Trasporti e della Difesa, affermando che, in ragione della somma elevata, mancavano i presupposti per specifiche forme di cauzione a garanzia del credito. Passarono solo pochi mesi, settembre 2012, e la Corte d’Appello di Roma condannò per omessa attività di controllo e sorveglianza gli stessi ministeri a risarcire le Aerolinee Itavia Spa rinviando per la quantificazione del danno. Nel novembre del 2012, poi, la Terza sezione civile della Cassazione condannò ancora i ministeri dei Trasporti e della Difesa a risarcire i familiari di tre passeggeri del Dc9.

Sentenza in favore delle vittime, non impugnata dallo Stato "per etica"

Il 28 gennaio 2013, a pronunciarsi sui risarcimenti chiesti per primi da tre familiari delle vittime (seguiti poi da quasi tutti gli altri), fu la Cassazione in sede civile con la sentenza 1.871, che stabilì che ad abbattere il Dc9 fu un missile e che dunque lo Stato, responsabile per non aver garantito, attraverso il controllo dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli, era tenuto al pagamento dei risarcimenti. Respingendo, in quell’occasione, i ricorsi del ministero della Difesa e dei Trasporti, gli Ermellini rinviarono alla Corte di Appello di Palermo la valutazione sulla possibilità di concedere un risarcimento più alto rispetto a 1 milione e 240mila euro ciascuno liquidato ai familiari. Quella sentenza della Cassazione non venne impugnata dal governo sia per “ragioni giuridiche”, spiegò una nota di Palazzo Chigi, che per “ragioni di ordine etico” e “per il dovuto rispetto alle vittime e ai loro familiari”.

Le responsabilità del fallimento Itavia

Nell’ottobre del 2013, poi, la Corte d’Appello di Roma, dopo la condanna del 27 settembre 2012 dei ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire le Aerolinee Itavia Spa, quantificò il danno in oltre 265 milioni di euro per via della mancata attività di controllo e sorveglianza di quanto avvenne nei cieli di Ustica. Pochi giorni dopo la terza sezione civile della Corte di Cassazione dispose un nuovo processo d’appello per valutare la responsabilità dei ministeri nel fallimento dell’Itavia, neutralizzando, così, la pronuncia con la quale la Corte d’Appello di Roma, nel 2010, respinse la richiesta di risarcimento danni di Davanzali. Nell’ottobre del 2014 ancora una pronuncia in sede civile.

I risarcimenti e la "tesi del missile"

Il Tribunale di Palermo, infatti, in una pronuncia-stralcio del giudice monocratico Sebastiano Ciardo, condannò i due dicasteri a risarcire 14 familiari di sei vittime con 5 milioni e 637.199 euro, e nel marzo del 2015 lo stesso giudice condannò i ministeri dei Trasporti e della Difesa, nella causa avanzata da quattro familiari di una delle vittime, al pagamento di poco più di 1 milione di euro (sottratte le somme già liquidate come indennizzo). Nel marzo del 2015 la Corte d’Appello civile di Palermo confermò la condanna al risarcimento nei confronti dei due dicasteri, ma alla fine di quel mese l’avvocatura dello Stato, bocciando la tesi del missile a favore di un abbattimento avvenuto a causa di una bomba a bordo, chiese alla Corte di Appello civile di Palermo di rigettare le domande di risarcimento che il tribunale aveva invece concesso a 18 familiari delle vittime (dunque le due pronunce del giudice Ciardo).

Nell’aprile del 2015 la Corte d’Appello civile di Palermo, avallando la tesi del missile, rigettò il ricorso dell’avvocatura dello Stato relativa alle sentenze del giudice Protopisani e stabilì che i ministeri avrebbero dovuto risarcire i familiari di 17 vittime. Il 13 gennaio del 2016, poi, il Tribunale civile di Palermo, avallando la tesi del missile o della quasi-collisione, condannò gli stessi ministeri a risarcire con 12 milioni 31 familiari delle vittime, e nel giugno del 2017, il ricorso dello Stato contro la sentenza del tribunale civile di Palermo del 2011 venne rigettato e i ministeri condannati al pagamento di oltre 17 milioni a favore di 29 familiari delle vittime. Non è finita, perché nel luglio del 2017 la Prima Sezione civile della Corte di Appello di Palermo condannò i ministeri a risarcire con 55 milioni 45 familiari delle 81 vittime della strage. Il 22 maggio del 2018, avallando ancora una volta la tesi del missile, le Sezioni civili unite della Cassazione dichiararono inammissibile il ricorso dei ministeri e dunque legittimo il diritto di Itavia al risarcimento, in quel momento quantificato in 265 milioni, ma nel dicembre dello stesso anno gli Ermellini stabilirono che alla compagnia spettasse un risarcimento maggiore da quantificare con un nuovo processo d’appello. Intanto, nel febbraio del 2019 la Corte di Appello di Palermo rigettò gli appelli dei ministeri contro la sentenza del gennaio 2016 con la quale il Tribunale civile li aveva condannati a risarcire con oltre 12 milioni alcuni familiari delle vittime.

Il 22 aprile scorso, infine, nel nuovo processo civile d’appello celebrato per valutare la quantificazione del danno subìto dall’Itavia, la Corte d’Appello di Roma condannò i ministeri della Difesa e dei Trasporti a pagare 330 milioni di euro a favore della compagnia proprietaria del Dc9.

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