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Caso Regeni, Egitto fa richieste su attività di Giulio al Cairo

01 luglio 2020 | 17.41
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Vertice di circa un’ora, in videoconferenza, tra magistrati italiani e quelli egiziani. I genitori di Giulio: "Richiamare l'ambasciatore unica strada percorribile"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Il procuratore egiziano Hamada Elsawy "ha formulato alcune richieste investigative finalizzate a meglio delineare l’attività di Giulio Regeni in Egitto". E' quanto si legge in una nota della Procura di Roma al termine del vertice durato circa un’ora, tenutosi in videoconferenza, tra magistrati italiani e quelli egiziani sull’inchiesta per l’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto.

"Nel corso del suo intervento - prosegue la nota - il procuratore generale egiziano ha ribadito la ferma volontà del suo Paese e del suo ufficio di arrivare a individuare i responsabili dei fatti e per questo ha affermato che l’incontro ha costituito un passo decisivo nello sviluppo dei rapporti di collaborazione, con l’auspicio di raccoglierne esiti fruttuosi".

"Il procuratore generale egiziano ha assicurato che, sulla base del principio di reciprocità, le richieste avanzate dalla Procura di Roma sono allo studio per la formulazione delle relative risposte alla luce della legislazione egiziana vigente" si legge nella nota della Procura di Roma. Il riferimento è alla rogatoria inviata dai pm di Roma l'anno scorso.

Il procuratore di Roma, Michele Prestipino, ha "insistito sulla necessità di avere riscontro concreto, in tempi brevi, alla rogatoria avanzata nell’aprile del 2019 ed in particolare in ordine all’elezione di domicilio da parte degli indagati, alla presenza e alle dichiarazioni rese da uno degli indagati in Kenya nell’agosto del 2017".

Una delle richieste contenute nella rogatoria, e su cui oggi il procuratore Prestipino ha chiesto di avere riscontri in tempi brevi, è quella di approfondire il "ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con gli attuali cinque indagati".

LA NOTA DELLA PROCURA EGIZIANA - In una nota della Procura del Cairo, pubblicata su Facebook, si legge che "il procuratore generale egiziano ha confermato al procuratore di Roma la serietà delle misure riguardanti l'omicidio di Regeni", ribadendo "l'indipendenza del sistema giudiziario egiziano, che non è influenzato da quello che esce sui media". "La Procura di Roma toccherà con mano la trasparenza della squadra di inquirenti egiziani e il suo desiderio di giungere alla verità nel prossimo periodo", continua la nota, nella quale la Procura egiziana riferisce della "fiducia" espressa dal collega italiano nei confronti dei magistrati del Cairo.

I GENITORI DI GIULIO: "RICHIAMARE AMBASCIATORE UNICA STRADA PERCORRIBILE" - "Richiamare l’ambasciatore oggi è l’unica strada percorribile. Non solo per ottenere giustizia per Giulio e tutti gli altri Giuli, ma per salvare la dignità del nostro Paese e di chi lo governa" affermano i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, e il loro avvocato Alessandra Ballerini, dopo il vertice tra magistrati italiani e quelli egiziani.

"A leggere il comunicato della Procura di Roma è evidente che l’incontro virtuale di oggi con la Procura egiziana è stato fallimentare. Gli egiziani non hanno fornito una sola risposta alla rogatoria italiana sebbene siano passati ormai 14 mesi dalle richieste dei nostri magistrati. E addirittura si sono permessi di formulare istanze investigative sull’attività di Giulio in Egitto - sottolineano - Istanze che oggi, dopo quattro anni e mezzo dalla sua uccisione, senza che nessuna indagine sugli assassini e sui loro mandanti sia stata seriamente svolta al Cairo, suona offensiva e provocatoria". "Nonostante le continue promesse non c’è stata da parte egiziana nessuna reale collaborazione. Solo depistaggi, silenzi, bugie ed estenuanti rinvii. Il tempo della pazienza e della fiducia è ormai scaduto" affermano i genitori di Regeni e l’avvocato Ballerini.

"Chi sosteneva che la migliore strategia nei confronti degli egiziani per ottenere verità fosse quella della condiscendenza, chi pensava che fare affari, vendere armi e navi di guerra, stringere mani e guardare negli occhi gli interlocutori egiziani fosse funzionale ad ottenere collaborazione giudiziaria, oggi sa di aver fallito" concludono.

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