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Armi, "quasi 100 miliardi da esportazioni dall'Italia in 30 anni"

09 luglio 2020 | 11.31
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I dati del report della Rete italiana per il disarmo e della Rete della pace: "44 miliardi di esportazioni italiane in ultimi 5 anni, crescita decisa"

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"Durante i 30 anni di applicazione della Legge 185/90, che regola l’export militare, sono state autorizzate esportazioni dall’Italia per materiali d’armamento per un controvalore di 97,75 miliardi di euro a valori correnti, che diventano 109,67 miliardi di euro con il ricalcolo a valori costanti 2019". E' un dato che emerge dallo studio pubblicato oggi dalla Rete italiana per il disarmo e dalla Rete della pace, nel giorno del trentesimo anniversario del voto di approvazione "di una legge avanzata ed innovativa nei principi e nei meccanismi, ma che ha perso molta della propria efficacia a causa di modifiche e applicazioni non corrette", scrivono le associazioni.

"La situazione di distanza tra la lettera della legge, con il suo divieto ad esportare armi verso Paesi in stato di conflitto armato, sotto embargo internazionale, con politiche in contrasto con l’articolo 11 della nostra Costituzione, con gravi violazioni dei diritti umani e comunque sempre seguendo la direzione della nostra politica estera, e l’applicazione soprattutto recente è ben delineata dai dati", si legge in una nota.

Nei cinque anni tra il 2015 e 2019 "le autorizzazioni a valori correnti sono state di poco superiori a quelle totali dei quindici anni precedenti, 44 miliardi contro 43,5. Sempre considerando i soli valori correnti è quasi incredibile notare come gli ultimi cinque anni equivalgano da soli al 45% del trentennio di export militare normato dalla legge 185/1990 e dunque i 25 precedenti assommino 'solo' al 55% del totale". "Il trend che si può evincere dai dati per singola annualità evidenzia una forte risalita nell’ultimo decennio che fa seguito ad un primo rialzo avvenuto tra il 2006 e il 2010 poi attenuato dalla crisi finanziaria globale", si legge nella relazione.

In particolare aumentano le esportazioni a Paesi che non appartengono all'Unione Europea o alla Nato; il Regno Unito è la principale destinazione dell'export militare italiano dal 1990, ma negli ultimi cinque anni sono aumentate le quote degli stati del Medio Oriente come Kuwait e Qatar. "Gli ultimi cinque anni - si legge nel report - hanno accentuato la tendenza ad esportare al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia, cioè verso Paesi non appartenenti all’Ue o alla Nato: ben il 56% cioè 24,8 miliardi contro 19,2 miliardi. Possiamo quindi affermare che in tutto il corso di applicazione della legge più della metà dell’export sia stato autorizzato al di fuori della naturale area di azione internazionale dell’Italia: un dato preoccupante se si considera che, secondo il testo della norma, le esportazioni di armamenti 'devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia'".

"Una situazione che è figlia di una spinta alla vendita verso gli stati del Medio Oriente che negli ultimi 5 anni hanno raddoppiato la loro quota media dei primi 25 arrivando a ben il 45,9% del totale delle licenze individuali (cioè poco meno di 19 miliardi di euro) i Paesi dell’Ue e dell’Europa geografica non Osce si mantengono sostanzialmente sui livelli già registrati in media nei primi 25 anni di export (35,2%, più 1,45%, per un totale di circa 15 miliardi di euro). Nello stesso periodo i primi 20 Paesi della classifica (su un totale di circa 90 destinatari) hanno tutti ricevuto oltre 300 milioni di euro di autorizzazioni nel corso dell’ultimo lustro. In testa troviamo due Stati autoritari mediorientali come Kuwait e Qatar (per le maxi-commesse di aerei e navi) seguiti da vicino da Regno Unito e Germania (soprattutto per la cooperazione Eurofighter) e ad una distanza maggiore da Francia, Stati Uniti d’America e Spagna. Subito dietro, grazie ad una serie di copiose licenze negli anni più recenti, altri Paesi problematici come Pakistan, Egitto, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti", si legge nella relazione.

"Andando a considerare tutto il periodo dei tre decenni - si legge ancora - i primi 10 Paesi di destinazione delle armi italiane sono stati il Regno Unito (10%), con cui le cooperazioni di natura industriale sono sempre state robuste, seguito da Kuwait (8,4%), Qatar (7,1%), Germania e Stati Uniti d’America al 6,3%, Arabia Saudita (4,9%), Francia (4,3%) ed Emirati Arabi Uniti (4%). Infine troviamo la Spagna e la Turchia al 3,7%".

"Rete italiana per il disarmo e Rete della pace hanno inoltre sottolineato la continua perdita di trasparenza concretizzatasi in maniera crescente negli ultimi anni che mina alla base un controllo che al contrario – su un tema delicato e cruciale come quello dell’export militare – è fondamentale per la nostra politica estera, per la responsabilità dell’Italia nei confitti armati e per poter realmente ambire alla promozione della Pace a livello internazionale. Tra le richieste di miglioramento illustrate dalle due Reti la necessità inserire in tutti i documenti il codice identificativo e la data di ciascuna licenza (per poter collegare tutte le tabelle delle migliaia di pagine della Relazione annuale al Parlamento), l’esplicitazione con liste apposite delle valutazioni sui Paesi destinatari (se sotto embargo, se con violazioni di diritti umani, se in presenza di accordo cooperazione militare). Tutto ciò per recuperare una trasparenza necessaria al Parlamento per esercitare l’attività di controllo assegnata dalle norme e per verificare quanto il governo stia allineando le proprie decisioni ai principi e alle previsioni della legge", conclude la nota.

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