"Le arti marziali non sono assolutamente da associare alla violenza, casomai è il contrario". Andrea Fiorentino, manager di diversi atleti Mma (dall'inglese mixed martial arts, ossia arti marziali miste) e padre di due giovanissimi campioni di brazilian jiu jitsu, parlando con l'Adnkronos, difende la disciplina finita sotto accusa dopo l'omicidio di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo picchiato a morte a Colleferro da 4 giovani, due dei quali lottatori di Mma.
"I miei figli praticano jiu-jitsu brasiliano da quando avevano appena 3 anni - racconta Fiorentino - Sono pentacampioni, vanno in giro per il mondo e sul tatami o sul ring lottano, ma fuori sono amici con compagni e avversari". Anzi, spiega, praticando le arti marziali imparano "autocontrollo, disciplina, rispetto dello sfidante". Adolfo e Adriano, di 10 e 7 anni, dice, "le praticano con enorme passione. Si stanno allenando per partecipare dal 26 al 29 novembre al torneo Copa Company a Rio de Janeiro, dove ci saranno altri 1000 bambini amanti del Bjj".
D'altra parte, "le arti marziali fanno bene ai bambini - spiega Fiorentino - sono fondamentali per una loro crescita armonica a livello psicomotorio. Alla Tribe jiu-jitsu Roma Nord, dove si allenano insieme a tanti altri bimbi, imparano infatti come prima cosa il rispetto per i luoghi e i compagni di pratica, interiorizzano che non esiste nessun nemico esteriore contro cui combattere, si confrontano con lo sforzo, la costanza, l’accettazione e il controllo di sé. Sono solo le nostre paure e le nostre pigrizie ad essere il vero nemico interiore da sconfiggere e sul tappeto si vede sempre grande disciplina, gioia e zero violenza. Il primo insegnamento è che si combatte sul ring, poi al termine della gara si dà la mano al rivale. Certo - conclude - qualche mela marcia può essere dappertutto ma ho visto molto più violenza nel mondo del calcio, con i genitori che spesso incitano negativamente i propri figli dalle tribune".