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Covid, Galli: "Non mi aspetto una grande seconda ondata"

24 settembre 2020 | 17.46
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Foto AFP
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"La grande seconda ondata non ce l'aspettiamo. Un rapido peggioramento che ci ponga in condizioni simili a Francia, Spagna, Gran Bretagna dubito, ma credo che sia un'eventualità da contenere. E' necessario capire cosa succede nelle prossime 2 o 3 settimane". E' la visione di Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco - università degli Studi di Milano, intervenuto a un convegno sulla povertà sanitaria e farmaceutica minorile in Lombardia prima e dopo l'emergenza Covid-19, promosso nel capoluogo lombardo da Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus, in collaborazione con Federfarma Lombardia.

"Quello che è successo dopo il ritorno dalle vacanze lo abbiamo visto e abbastanza capito. Non una cosa bellissima: abbiamo avuto anche un po' di pazienti che per età presumiamo siano stati infettati da vacanzieri di ritorno, ma non è andata così male come si poteva prevedere. Ora abbiamo però un punto dato dalla ripresa generale che merita attenzione", avverte.

Quanto alla situazione internazionale, "siamo stupiti delle differenze con altri Paesi che ci stanno attorno. Sbilanciandomi - osserva Galli - ritengo che questa possa essere una situazione figlia del grande sacrificio rappresentato dal lockdown, applicato qui in maniera più drastica di quanto fatto altrove. Lockdown che ha consentito non solo una riduzione marcata dell'infezione diffusa nel Paese. Ha bloccato l'ulteriore diffusione nella aree colpite, ma ha tenuto in qualche modo Covid-free o quasi altre aree del Paese meno coinvolte".

"Questo evento - ragiona l'infettivologo - può essere stato importante. Se dovessi dare una prima ipotesi, credo sia chiaro". Come è chiaro, secondo l'esperto, che "questa nostra frizzante estate ha visto molte persone ritenere la partita chiusa con il discorso Covid e ha visto una serie di infezioni legate a momenti di movida diffusa". Sulle discoteche è arrivato "un segnale pessimo e un segnale di un notevole mancato coordinamento fra le autorità dello Stato. Su questioni di questo genere dal centro dovevano dare meno gradi di libertà e dalla periferia dovevano tenere duro sul no".

Adesso cosa succede? "Che pur avendo una condizione infintamente migliore rispetto ai Paesi attorno e rispetto a marzo-aprile, qualche malato in più in ospedale ce lo abbiamo, qualche problema in più nelle terapie intensive negli ospedali hub cominciamo ad averlo, qualche necessità di approntare risorse mettendo le mani avanti anche".

Questo, conclude Galli, non vuol dire che ci aspettiamo la seconda ondata. "Soprattutto nelle aree metropolitane, ci stiamo riassestando. Abbiamo dovuto fare un lavoro di 'decovidizzazione' di gran parte dei reparti risucchiati in un gorgo" nell'epoca dell'emergenza Covid-19, "e dobbiamo affrontare una realtà di diffidenza da parte dell'utenza. Uno dei grandi problemi figli del coronavirus è stato proprio questo: il rallentamento e il rinvio di molte procedure sanitarie su patologie correnti. Un rinvio che è stato in parte strutturale, ma in parte legato a paura e riluttanza diffusa. Significa che dopo la decovidizzazione degli ospedali, bisogna far tornare le persone a curarsi".

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