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Sileri: "Italia rischia di fermarsi per troppe quarantene"

29 settembre 2020 | 20.08
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Foto Fotogramma
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"Per vedere gli effetti della ripresa della scuola serviranno almeno due settimane, ci saranno sicuramente dei focolai, in realtà già ce ne sono, ma questa è la nuova normalità. In realtà io sono più preoccupato dai controlli di questi focolai. E lo sono ancora di più dalle quarantene perché noi rischiamo che quando si trova un ragazzo positivo finisce in isolamento un discreto numero di persone. E poi può succedere che con la concomitanza della sindrome influenzale, l'Italia possa fermarsi non per il lockdown ma per la moltiplicazione delle quarantene". Lo ha detto il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri al programma 'Fuori dal coro' in onda questa sera su Rete 4.

Ma c'è una soglia di casi oltre la quale si deve pensare ad un nuovo lockdown? "Con i numeri attuali non stiamo rischiando una chiusura completa, un lockdown come in marzo. I numeri stanno crescendo molto lentamente e la situazione è sotto controllo", ha detto Sileri, spiegando che "il problema non è la soglia ma la velocità con cui si arriva a questa soglia".

"Noi oggi, in Italia, abbiamo circa 1.600 positivi con una crescita estremamente lenta. E non mi preoccupano. Se io vedessi da un giorno all'altro, per due giorni successivi - sostiene il viceministro - un incremento del 20 o 30% mi preoccuperei anche dei 1.600 casi. Mentre non mi fanno paura 10mila casi, fra tre mesi, che saremo riusciti a controllare, isolando tutti focolai e non gravando sul servizio sanitario nazionale". "Noi abbiamo un vantaggio rispetto agli altri Paesi: abbiamo avuto un lockdown più lungo e abbiamo spento eventuali focolai secondari, poi - ricorda - abbiamo iniziato a utilizzare la mascherina prima degli altri. Basti pensare alla Gran Bretagna dove stanno cominciando a usarla obbligatoriamente solo ora".

E ancora, per Sileri, anche se a macchia di leopardo "i nostri ospedali sono pronti", a fronteggiare anche situazioni più impegnative. "Abbiamo i posti in terapia intensiva, abbiamo sicuramente i posti di medicina interna e malattia infettive che sono aumentati di 6 o 8 volte in questi mesi. La disponibilità di posti letto c'è. Sono preoccupato, però, di ciò che non è Covid in questo momento. Perché una attenzione maggiore dobbiamo darla per trattare quelle malattie che colpiscono quotidianamente i nostri cittadini e che purtroppo rimangono indietro", conclude.

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