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Covid, infettivologo Bruno: "Pochi giorni per non perdere il controllo"

15 ottobre 2020 | 13.54
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Il direttore dell'Unità operativa complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia: "Essere duri ora o Italia come Francia e Spagna"

(Fotogramma)
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"Il problema è che il virus ha ripreso a circolare alla grande. Se continuiamo con questi numeri e non si fa niente per bloccarlo, il nostro destino è arrivare ai dati che vediamo in Spagna e Francia. Quello che vorrei dire è che, al di là di quelle che saranno le misure, è importante prenderle ora per non arrivare a una situazione in cui gestiremmo male l'arrivo dei pazienti in ospedale. In questo momento ci giochiamo tanto: ci giochiamo il futuro dei prossimi mesi. A mio avviso bisogna essere duri adesso che è in crescita e non aspettare di essere duri quando già gli eventi biologici si saranno consumati". E' la riflessione di Raffaele Bruno, direttore dell'Unità operativa complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia.

L'Irccs lombardo è stato fra quelli in trincea nella prima emergenza Covid-19, e Bruno è uno degli specialisti che si è occupato del paziente 1 d'Italia, Mattia. "Abbiamo pochi giorni per evitare che si perda il controllo della situazione - spiega all'Adnkronos Salute - Dobbiamo agire subito". Bruno si dice "adesso preoccupato anche dei numeri assoluti" dei casi, mentre fino a qualche giorno fa leggeva come una spia "l'aumento percentuale". Per la Lombardia lo specialista guarda con apprensione in particolare un dato: "La percentuale di positivi rispetto al numero dei testati. Si è passati dal 3,5% del 7 ottobre al 10% di positivi sui casi testati ieri, e questo è un problema".

Per far capire cosa prova di fronte al ritorno dei malati Covid negli ospedali un medico che è stato in prima linea per arginare l'ondata nei mesi più duri dell'emergenza, Bruno usa poche semplici parole: "Un tragico déjà vu". Al San Matteo oggi "siamo messi benino. Nel senso che abbiamo 40 pazienti Covid, di cui 31 in degenza ordinaria e 9 in rianimazione e gestiamo per ora un flusso ordinato. Siamo pronti ad aumentare le disponibilità".

"Siamo in un assetto 'di guerra' che ci permette in ogni momento di aumentare l'offerta", assicura lo specialista. In termini numerici, adesso "noi stiamo aumentando i posti della mia divisione Malattie infettive fino ad arrivare nella prossima settimana a più di 80 posti. E poi - elenca Bruno - si aprono anche posti dedicati in Pneumologia e arriveremo a 100 posti disponibili per Covid. Abbiamo margine di movimento in questo preciso istante, ma torno a dire speriamo di non arrivare ad altri numeri. Dobbiamo agire per evitarlo".

Che tipo di pazienti arrivano adesso? "Sono diversi non perché il virus sia diventato più buono, ma solo perché abbiamo il vantaggio in questo momento di vederli prima. Arrivano in una fase più precoce della malattia e dall'altro lato è aumentata la nostra esperienza, abbiamo qualche arma terapeutica in più e questo fattore permette una gestione migliore. In questo momento le linee guida prevedono l'uso di cortisone e dell'antivirale remdesivir e poi tutta un'altra serie di farmaci da studi in corso". Il plasma iperimmune è "un'altra opportunità terapeutica ancora in fase di studio. C'è il trial nazionale in corso, 'Tsunami'. Alcuni pazienti si avvantaggiano di questo trattamento che va fatto sempre in ambito sperimentale. Una cosa che abbiamo imparato è che più precocemente metti in atto le terapie disponibili, migliore è il risultato".

Guardando a quello che succede fuori dall'ospedale, Bruno torna a sottolineare l'importanza di adottare misure per arginare la corsa del virus. "Decongestionare i mezzi pubblici", tema di cui si discute tanto in questi giorni, "trovo sia importante. Forse se si desse effettivamente corso all'opzione prevista di fare metà lezioni in presenza e metà a distanza almeno alle scuole superiori potrebbe già alleggerire la situazione". Ma, al di là di tutto, "si deve agire. Siamo in una situazione difficile, mi rendo conto. E siamo stanchi tutti. Ma sono passati questi 6 mesi e si poteva forse gestire in modo diverso la cosa. Facciamolo", conclude Bruno. O sarà appunto "un tragico déjà vu".

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