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Mantovani: "Dai geni un'arma contro il Covid"

15 ottobre 2020 | 09.01
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"Stiamo cercando di capire quali possono rendere le persone più vulnerabili al virus"

(Fotogramma)
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“Premesso che non sono un epidemiologo, posso solo dire che forse avremmo potuto gestire meglio l'’intervallo’ fra il primo e il secondo tempo dell’epidemia per prevenire quello che sta accadendo. Adesso, però, non dobbiamo perdere la concentrazione per non arrivare ai tempi supplementari o, addirittura, ai rigori. E lì si rischia proprio di perdere. La ricerca sui geni può aiutare a contrastare il virus”. Usa una metafora calcistica, parlando con il Corriere della Sera, Alberto Mantovani, immunologo e direttore scientifico dell'Istituto Humanitas di Milano.

Ferme restando le norme di prevenzione, per contrastare il virus, afferma Mantovani, “un ruolo di primo piano l'hanno i ricercatori soprattutto nella genetica. Stiamo cercando di capire quali geni possono rendere le persone più vulnerabili al virus. Noi, come Humanitas, con altri gruppi italiani, ne abbiamo scoperto uno che ha a che fare con le chemochine, sostanze che intervengono nelle prime difese dell'organismo contro i virus. Altri lavori, oltre ai nostri, dimostrano che, nel 3-4 per cento dei pazienti con forme gravi, l'alterazione di certi geni, su questo cromosoma, fa sì che non venga prodotto interferone, una sostanza indispensabile nel contrastare, al primo attacco, le aggressioni virali”.

"Sembrerebbe che le persone con gruppo sanguigno A vadano più facilmente incontro a una malattia grave, ma è tutto da dimostrare – sottolinea l’immunologo -. Non dimentichiamo che, oltre alla genetica, incidono molto, sulla suscettibilità alla malattia, le condizioni socio-economiche: la povertà, innanzitutto”. Tornando alle cure, Mantovani precisa che “certe applicazioni cliniche sono dietro l'angolo: per esempio la ricerca di biomarcatori che ci possono dire se una persona, colpita dall'infezione, è a rischio di andare incontro a forme gravi. All'Humanitas ci stiamo impegnando su questo fronte, anche usando l'intelligenza artificiale per la gestione dei dati dei pazienti. Non dimentichiamo, però, che sul nuovo coronavirus stiamo tutti lavorando da sette mesi, mentre nella ricerca di una medicina personalizzata contro il cancro, per dire, il tutto è cominciato trent'anni fa. E i risultati si stanno vedendo ora”.

"Il remdesivir funziona - prosegue Mantovani facendo il punto sulle terapie al momento disponibili - ma occorre capire meglio in quali pazienti. Sempre nell'ottica di una medicina personalizzata. Quanto ai cortisonici, in un primo momento c'era stata una raccomandazione da parte dei cinesi, avallata dall'Oms, di non usarli. Ma noi ci abbiamo creduto. E, infatti, è stato poi documentato che sono in grado di ridurre la mortalità nei pazienti gravi. Al momento, le sperimentazioni sugli anticorpi da pazienti colpiti da Covid e somministrati ai malati, non hanno dato risultati positivi. L'alternativa: si possono fabbricare in laboratorio. E qui sono in corso studi clinici".

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