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Sileri: "Dopo mia esperienza politica andrò a lavorare con Zangrillo"

26 ottobre 2020 | 08.00
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(Fotogramma)
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“Il 25 marzo 2023, quando sarà finito tutto questo, mi troverà al San Raffaele di Milano, dove ho vinto un concorso del 2016”. Così, su Libero, il vice ministro della Salute Pierpaolo Sileri parla del suo ritorno, una volta terminata la propria esperienza politica, all’attività di medico nell’ospedale dove lavora anche Zangrillo. Che difende dalle critiche che l’anestesista ha ricevuto “da chi non ne capisce. Io ho avuto il Covid e quando sono stato male io stesso dissi a molti che se qualcosa fosse andato storto il San Raffaele sarebbe stata la sede per il ricovero. Zangrillo ha usato un'espressione infelice ma molti degli addetti ai lavori hanno capito benissimo che cosa intendesse: che il virus non arrivava più in terapia intensiva. Ora sì, il virus circola, più persone rischiano di andare in terapia intensiva. Ma ci sono differenze. Durante la prima ondata si moriva in casa e il medico arrivava due giorni dopo il decesso. Ora non è più così”.

“Gli scienziati – prosegue Sileri - hanno punti di vista personali differenti ma anche rivalità accese. Le parole di Zangrillo sono state strumentalizzate. Mi sembra che a volte molti miei colleghi in camice utilizzino la tv per sfide e scopi personali. Vado al San Raffaele di Milano perché è l'eccellenza in Italia".

Quanto al modo in cui il governo sta affrontando questa ondata dell’epidemia, “io sono per allargare il tavolo del Comitato Tecnico Scientifico e renderne più trasparenti le logiche e le modalità operative. Mi pare doverosa la trasparenza di questi tempi: non si possono affidare a consulenti di nomina governativa decisioni fondamentali per tutto il Paese. In terapia intensiva ci sono ancora molti posti e la crescita dei ricoverati non è esponenziale. Il numero dei positivi è altissimo ma la maggior parte di loro non è malata: bisogna distinguere e non creare inutile terrorismo. Stiamo paralizzando un Paese in attesa di omologare i test salivari. Inconcepibile”.

“La prima cosa da fare – propone il viceministro - è aumentare la capacità diagnostica. Dividiamo la popolazione in tre fasce: basso, medio e alto rischio. Usiamo il test rapido antigenico per coloro che sono a basso e medio rischio e sottoponiamo solo la terza fascia al tampone; così si riescono a mappare 400mila persone al giorno e non sprechiamo tamponi per soggetti che non essendo contatti stretti non sono a rischio elevato. È assurdo quello a cui stiamo assistendo, con migliaia di persone che prendono d'assalto i pronto soccorso per sintomi sovrapponibili a quello del Covid, oppure file interminabili per fare un tampone. Avere più offerta diagnostica più semplice del tampone e fruibile dai medici di medicina generale, nelle farmacie o nel privato e, perché no, anche negli studi dentistici aiuterebbe il sistema in toto”.

"Facciamo troppi tamponi alle persone sbagliate – dice Sileri -. Se io risulto positivo, si può fare il tampone ai miei assistenti, ma non a tutto il piano. Per gli altri basta un test antigenico rapido o salivare che costa un quinto e hai il risultato in un'ora anziché in cinque giorni. Con il Covid bisogna agire come con tutte le altre patologie. Nello screening del cancro del colon si prevede l'esame occulto fecale e solo se questo dà un risultato positivo si procede alla colonscopia. Il vaccino non sarà una cosa rapida. Servono mesi per produrlo, come avviene per quello influenzale. E poi ancora non sappiamo quanto in realtà protegge e quali sono i suoi effetti collaterali. Credo arriverà prima il farmaco rispetto alla profilassi. Molte terapie le stiamo applicando già. Confido più di tutte in quella degli anticorpi monoclonali oppure nell'utilizzo di preparati iperimmuni ricavati dal siero dei guariti".

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